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Month: May 2009

Un “oggetto” tutto da leggere

    L’importanza del campo oggetto di un’e-mail è assodata: da esso dipende il successo di una qualsiasi comunicazione. Ultimamente noto il diffondersi di un’abitudine: utilizzare il campo oggetto come “corpo” dell’email, in particolar modo tra colleghi. Sembra quasi che l’email stia diventando uno strumento di istant messaging, alla stregua di un sms o di un post su twitter. L’email passa da strumento di comunicazione asincrona a strumento di comunicazione sincrona, non negli aspetti tecnologici ma negli intenti di chi la invia. Tra le modalità di comunicazione, l’SMS è quello maggiormente diffuso. E’ probabile, quindi, che si tenda ad omologare i comportamenti comunicativi al mezzo che maggiormente si utilizza. Un’implicazione abbastanza significativa nel marketing e, in particolare nel direct marketing, dove l’abuso dell’email per le comunicazioni sta creando non pochi fastidi agli utenti. Come utilizzare questa tendenza?  Ecco alcuni spunti di riflessione: alcuni possono essere già in atto, altri possono essere stupidaggini. Ma nei brief si butta sul piatto tutto e poi si screma, no? Ripensare il principio di e-mail marketing, abbandonando la comunicazione di tipo push per favorire la conversazione. Rivedere i client email: integrarli realmente su sitemi di microblogging, di istant messaging, ecc. Ora non ricordo quale servizio di IM fosse (mi pare google), che inoltrava via email i messaggi ricevuti attraverso l’IM quando si era off-line e, rispondendo all’e-mail il messaggio veniva spedito all’IM client. integrazione SMS-EMAIL. Io lo facevo già 4 anni fa con un cellulare di serie Z

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Parlamento pulito. In Inghilterra è un tema politico

Mentre in Italia le proposte di riforma del sistema elettorale passano per un incremento dei potere del Primo Ministro, maggiore autonomia decisionale e leggi di tutela per le 4 figure istituzionali, in Inghilterra si discute in modo bipartisan di come ridare la politica in mano ai cittadini .  […] Mr Brown said that, […], he will be “talking about how by recall, redress and better representations all local people can have far more influence on local budgets and local decisions, from policing to schooling. Everyone must know that they are being heard.” Maggiore indipendenza e libertà ai comuni, maggiore potere decisionale agli elettori nelle amministrazioni locali, dall’ordine pubblico alla scuola, al budget; la possibilità di imporre il dibattito su temi di importanza nazionale attraverso raccolta di firme; permettere ai cittadini di mandare a casa i politici quando questi tengono comportamenti scorretti. “I believe there is only one way out of this national crisis we face: we need a massive, sweeping, radical redistribution of power,” he said [Mr Cameron, NdR]. “We must take power away from the political elite and hand it to the man and woman in the street.” Insomma, l’esatto opposto di quello di cui si dibatte in Italia dove, chi lo propone, è visto come un sovversivo antipolitico. Consiglio di leggere l’articolo del TimesOnLine.

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Il senso delle associazioni di comunicazione

Essere uomini di comunicazione non dipende solo dal titolo di studi e non è sufficiente avere una associazione che rappresenti i laureati. Certo, è importante nel momento in cui devo promuovere una professionalità. Ma come posso farlo se poi il mio biglietto da visita è questo?  Non lo dico solo per critica fine a se stessa e non è questo il punto dell’intervento, ma ritengo che ci debba essere sempre coerenza tra le cose.  A cavallo del nuovo millennio, in 12 studenti avevamo dato vita all’AISCOM, Associazione Italiana Sviluppo Scienze della Comunicazione con l’obiettivo di promuovere la figura del professionista di comunicazione e di creare un “laboratorio” di esperienza per i laureandi. Se volete saperne di più, qualche traccia in rete si trova ancora. Uno degli aspetti che ritenevamo importante era la collaborazione da un lato e dall’altro la libera iniziativa. I Meeting di Scienze della Comunicazione promossi da AISCOM e da Scienzedellacomunicazione.com del caro amico Stefano Mosetti  (promotore anche di AISCOM) erano momenti di palestra per i laureandi. Le 4 edizioni realizzate dal 2000 al 2004 erano itineranti. In ciascuna sede si costituiva un comitato organizzativo composto dagli studenti dell’Ateneo che ci ospitava. C’era il comitato scientifico che includeva il Presidente, i docenti del Corso di Laurea e alcuni professionisti. Sotto il coordinamento del comitato scientifico (e non dell’associazione), gli studenti si occupavano di tutto: location, agenda, sponsorizzazioni, media relation. Insomma: una macchina di lavoro in cui ognuno poteva trovare il proprio posto e poteva mostrare quello che sapeva fare.  Oggi lo chiameremo Social Network, ieri Community o Associazione: l’etichetta è poco importante. Un’associazione “corporativa” dovrebbe avere questo obiettivo: essere laboratorio di esperienza o quanto meno qualcosa di più di un semplice brand. Deve dare dei contenuti e delle opportunità reali (formazione, lavoro, o altro ancora) a chi decide di farne parte.  Ritorno ad un invito già fatto tempo addietro: ha poco senso parlare di appartenenza a questa o quella categoria professionale. Gli Albi sono delle inutili caste non meritocratiche, in difesa di “privilegi” acquisiti non si sa bene a che titolo. Ha più senso, visti i tempi, riuscire a dimostrare le proprie capacità. Le associazioni “corporative” dovrebbero agevolare questo.

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Un’amica al consiglio Comunale di Firenze

  Come ho avuto modo di scrivere nel suo blog, Laura De Benedetto è una delle persone più disponibili, generose ma soprattutto concrete che abbia mai conosciuto! E’ grazie al suo aiuto che VenetoIN è potuta nascere: è lei che mi ha messo in contatto con MilanIN e che ha dato le dritte che hanno permesso di presentare ufficialmente il progetto VenetoIN a Firenze. E’ grazie anche a lei, al suo entusiamo e alla sua capacità di concretizzare idee e progetti che FlorenceIN oggi è ben più di un business club. Quindi se sei di Firenze e il 6 Giugno decidi di votarla, credo proprio non te ne pentirai!

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L’arcipelago delle idee isolate

Se leggete la definizione di Arcipelago riportata su Wikipedia, capite perchè vedo la rete oggi come un arcipelago: un insieme di isole vicine ma non comunicanti.

Così come infatti un arcipelago è un insieme di isole vicine l’una all’altra collocate in mare aperto, spesso non collegate, così in rete nascono quotidianamente iniziative simili per obiettivi ma che, per motivi differenti, non sono in grado di parlarlasi.

Parlo ad esempio dei business network, delle iniziative su temi sociali come il terremoto de L’Acquila, l’inquinamento, la difesa e la tutela della Rete o altro.

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