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Come reagire al blogger e uscirne più forti

Il blogger è un amico

In questi anni mi è capitato di vedere aziende che, di fronte a post di critiche, per vari motivi si siano mosse verso il blogger minacciandolo di denuncia per diffamazione e costringendolo a rimuovere il post – puntando sul fatto che non ha la forza economica per poter affrontare una causa penale.

La pratica di intimazione, usualmente, non avveniva mai in modo diretto a commento del post bensì in forma privata e a mezzo email. Questo, nell’ottica del querelante, avrebbe dovuto tutelare l’azienda e il suo marchio. Così non avviene sempre. Un tale comportamento, infatti, genera una “intolleranza” del blogger che, anche se rimuoverà il post, denuncerà di averlo fatto per essere stato minacciato. Di fronte a questo tipo di “censura”, la rete normalmente reagisce fortemente viralizzando il fatto. L’azienda, quindi, si trova a subire un danno d’immagine maggiore di quanto poteva aver creato il post iniziale.

A fronte di un post che si ritiene dannoso per la propria immagine o reputazione, la questione può essere risolta senza particolari problemi e senza necessariamente passare per le vie legali. L’azienda, addirittura, ha l’opportunità di uscirne rafforzata.

Innanzitutto è necessario capire chi è il blogger. Fatto salvo alcune eccezioni, come detto, il blogger è una persona che condivide idee solo a titolo personale senza un editore:

  • verificare se è un influencer. Attraverso comuni strumenti di monitoraggio della reputazione, capire quale è la reputazione e il livello di influenza che è in grado di esercitare: capire la sua “anzianità” di rete, l’estensione del network, citazioni, ecc.
  • verificare lo stato di propagazione del post. Capire il numero di condivisioni e commenti che ha avuto. Normalmente basta una semplice ricerca su Google, ma si può ricorrere a ricerche in facebook, twitter o attraversoi sistemi come Social Mention.

In base all’esito dell’analisi si possono identificare quattro situazioni:

I casi di problematicità di un post relativo a un brand - Copyleft by SimoneFavaro

  1. L’innocuo. Il Blogger non è influencer ed il post non è viralizzato, non si configura il danno e quindi è inutile spendere soldi di avvocati. Al massimo si attiva un alert, giusto per sicurezza.
  2. La meteora. Il Blogger non è influencer ed il post  è viralizzato. Ha conquistato i 5 minuti di popolarità ma non è un influencer. Rispondere e chiarire non nel post originale ma in quello dell’influencer che eventualmente lo ha ripreso.
  3. Il Dormiente. Il Blogger è un influencer ed il post non è viralizzato. Meglio attivare un alert per controllare se cattura l’interesse, ma conviene non destare il can che dorme.
  4. La Bomba. Il Blogger è un influencer e il post è viralizzato. Entrare nella conversazione, chiedere o dare chiarimenti senza mai fare la parte della vittima, l’aggressivo o il prepotente. Nel caso rispondere con un post sul proprio blog dando la versione ufficiale.

La denuncia o la minaccia dovrebbe essere l’extrema ratio e arrivare solo quando, dopo aver tentato la mediazione, il blogger continua imperterrito nella propria versione, se è oggettivamente falsa alla luce dei fatti. Solo in questo modo il brand ne uscirà rafforzato e lo avrete tutelato.

Il minacciare una denuncia diffidando dall’utilizzo del marchio può sembrare la via più semplice, in particolare verso i blogger non influencer. Si potrebbe, tuttavia, trovarsi di fronte a una situazione in cui l’atto di forza esercitato lo erga a martire, incrementando il suo livello di “influenzatore occasionale”  e innescare una serie di reazioni nella blogosfera: alla fine l’immagine sarà maggiormente compromessa rispetto a quanto lo sarebbe stato senza una reazione al post iniziale.

Published in Italiano Social Network & Social Media

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