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Month: September 2012

Il porno sposa le cause

Il porno è sempre il laboratorio delle potenzialità della rete. Una industria da oltre 100 miliardi di dollari. Se una parte di questa enorme cifra fosse in qualche modo intercettata e destinata al sostegno di cause? Come4.org è l’idea semplice e geniale di due italiani: Marco Annoni (dottorato di ricerca in Filosofia ed attualmente si occupa di ricerca) e Riccardo Zilli (urbanista, ma si occupa di web e startup). Il progetto, per cui stanno cercando finanziamenti su Ulule.com, vuole creare una piattaforma di caricamento e condivisione di contenuti user generated porn. Ciascun utente, a seguito di registrazione gratuita, potrà caricare i propri video auto-prodotti (che dovranno rispettare certe caratteristiche, pena la cancellazione) e associare il video ad una causa. Il ricavato dalla vendita di spazi pubblicitari, quindi, verrà ridistribuito alle cause associate ai video visualizzati in proporzione al numero di visualizzazioni e, quindi, di popolarità. Scrive Riccardo Zilli a commento del post di Gianluca Dettori su Facebook: […] il porno è sbagliato? no. fa girare dei soldi? si. ok ne prendiamo un pò e facciamo della beneficenza.(c’è anche un pò di provocazione in questo chiaramente 🙂 ) Il claim della campagna è fenomenale (Cosa faccio per il mondo? Una sega)per non parlare del video di presentazione del progetto, carico di ironia, ideale per non affogare l’idea nella volgarità, nella libidine e nella rete dei perbenisti. Come4.org – Presentazione Progetto (YouTube)

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Opinione, diritto e dovere

Le polemiche sulla condanna di Sallusti fanno un po’ sorridere per alcune ragioni. Innanzitutto perché tutti si sono soffermati sulla “sproporzione” della pena ma nessuno ha si è preoccupato inizialmente di andare a ripescare l’articolo oggetto della causa Lo fa Alessandro Robecchi nel suo blog e fornisce il link all’articolo in Rassegna Stampa della Camerda dei Deputati. [MIracolosamente l’articolo inizia ad apparire il giorno successivo al post di Robecchi.] In secondo luogo si fa passare la sentenza come “reato d’opinione”. In realtà l’articolo non da solo una opinione personale di chi scrive (che giustamente può condividere o meno un avvenimento), ma stravolge interamente i fatti assegnando responsabilità a chi responsabilità oggettiva non ne aveva e dando false informazioni sulla circostanza. Infine perché solo ora, e solo per il fatto che il condannato è un giornalista, si parla di sproporzione della pena in una sentenza per diffamazione? Oltre che a far sorridere, fa pure un po’ incazzare. Chi tiene un blog, in cui mette del proprio, avrà almeno una volta sperimentato la minaccia di accusa di diffamazione da qualcuno (spesso dettata da sottovalutazione, fretta e noncuranza). Se un blogger amatoriale può rischiare  un tale processo qualora dia informazioni sbagliate, perché un direttore di testata – “certificato” dall’iscrizione all’ordine dei giornalisti e sottoposto a codice deontologico – non dovrebbe esserlo? Alcuni sostengono che l’Italia sia l’unico paese in Europa ad annoverare la diffamazione tra i reati penali. Non lo so e mi fido. Tuttavia la diffamazione a mezzo stampa, visto l’influenza generata ancora dal circuito dei mass media, comporta gravi danni e, come abbiamo visto in più occasioni, rovinare definitivamente la vita al diffamato. Di conseguenza la responsabilità di un giornalista/editore è la stessa di chi può decidere sulla vita o sulla morte della persona oggetto dell’articolo. Forse il carcere sarà una misura estrema ma, come dice Michele Serra nella sua Amaca, “questo non alleggerisce di un grammo le responsabilità morali e sociali di chiunque usa pubblicamente le parole; anzi le aggrava, perché l’esercizio della libertà di opinione circonfonde i giornalisti di un’aura di intoccabilità […] della quale è vile approfittatore”. Dunque l’informazione è un diritto ma è anche un dovere di correttezza. Se oggi teniamo l’Ordine dei Giornalisti, dovrebbe essere solo per garantire quello (e non per tutelare il giornalista).

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Web e Ingsoc

Internet letta secondo il modello sociale di Orwell: OCEANIA – è Internet, lo stato in cui si svolge la storia. Ingsoc è la filosofia della rete di cui non si conosce più bene l’origine, essendo continuamente riscritta dal Partito che al suo interno è diviso tra Inner e Outer Party. Inner Party, coloro che regolano il pensiero della società. Rappresentano il 2% della popolazione e sono costituiti da  Zuckerberg, Page, Jobs, ecc. Outer Party, coloro che – sottoposti e supervisionati dai membri dell’Inner Party – eseguono e mettono in pratica le regole del pensiero della rete difondendone il verbo. Rappresentano il 13% della popolazione e sono I GURU o gli “esperti”. Prole, ovvero la popolazione della rete costituita dal restante 85%. Gli utenti della rete, come nella storia orwelliana, sono l’unica speranza in quanto essi vivono fuori dal condizionamento del Partito. Essi, tuttavia, sono incapaci di organizzarsi in una rivoluzione e chi tenta di farlo è intercettato dalla Though Police che fa capo al Partito e, misteriosamente, scompare.

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L’utilità della rete spazzatura

Pur confidando nelle potenzialità di diffusione della conoscenza, tremo quando leggo messaggi di intolleranza di chi vorrebbe solo una rete che non generi “spazzatura”. La rete non ha intrinseche finalità culturali. E’ uno strumento versatile. Il suo primo utilizzo è stato quello militare, successivamente universitario e poi commerciale. L’ultima applicazione è quella dominante. Il primo utilizzo delle rete è quello legato all’industria del porno che assorbe circa il 50% del traffico. La rete ha potenzialità culturali, questo si. Le quali possono emergere proprio dalla differenziazione e dalla contrapposizione con la spazzatura che crea “rumore“. Paradossalmente il “rumore” permette alla qualità di emergere e di assorbire l’inutilità. Finché ci sarà spazzatura, la rete potrà considerarsi ancora libera e si continuerà a creare quel contesto di sana competizione volta al miglioramento. L’eliminazione della spazzatura, viceversa, porterà ad un appiattimento e alla impossibilità di miglioramento dell’individuo. Chi in una rete libera può oggi superare i propri limiti e diventare “produttore di qualità”, in una rete “pulita” sarà ammesso solo chi ha già le basi culturali e chi non le ha verrà escluso, non avrà più la possibilità di confrontarsi e di migliorarsi. Se le “blogstar” agli esordi non avessero avuto questa apertura, oggi non sarebbero blogstar.

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WordPress ha problemi con i Feed? (Richiesta di Aiuto!)

Prendo questo piccolo spazio per chiedere un consiglio tecnico. Lo so potrei andare su Quora o sul forum di WordPress. L’ho fatto ma non ho trovato la risposta la mio caso. Dunque. Mi sono accorto che da qualche tempo (non so precisamente da quando) l’applicazione WordPress su LinkedIN non “cattura” più i feed che fino ad allora andavano tranquillamente. Guardando su GREADER, tuttavia, vedo che il lettore di Google li prende tranquillamente. Inizialmente, quindi, ho pensato a un problema dell’applicazione LinkedIN. Tuttavia, facendo alcune ricerche sul forum di WordPress, ho notato che alcuni utenti hanno avuto problemi simili. Su suggerimento sono andato a testare il mio feed link (www.simonefavaro.it/feed e www.simonefavaro.it/rss) sul validatore di feed del W3C ed ecco il problema: Provando a collegarmi direttamente da Chrome alle URL, invece di vedere l’XML il browser  mi apre la finestra per il download. Il File è senza estensione (file generico) e, aprendolo con notepad, è possibile leggere tranquillamente l’XML. Deduco, quindi, che per qualche motivo WordPress non crei più l’RSS corretto. Qualcuno ha suggerimenti da darmi, considerando che il feed comunque è letto correttamente da Google Reader? P.s. A proposito di quello che scriveva oggi Gigi :-))

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