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Month: June 2013

Gezi e la comunicazione di Erdoğan

Ad un mese quasi dall’inizio delle proteste di Gezi Parkı, è possibile iniziare a tracciare una analisi della comunicazione tenuta dal Governo durante queste settimane. Un’osservazione a volo d’acquila fa subito notare alcuni momenti significativi. Per il momento è solo una aggregazione di dichiarazioni, spero di approfondire uletiormente l’analisi con più calma. Settimana 1. Minimalizzazione delle manifestazioni . All’inizio delle proteste, durante la prima settimana – prima dello scoppio del caso a livello internazionale – la comunicazione istituzionale è stata orientata a circoscrivere il fenomeno come un caso isolato promosso da ambientalisti e perditempo. In questa fase i manifestanti sono stati definiti “çapulcu” e il governo ha sottolineato più volte che non avrebbe mai rinunciato al progetto dı Gezi. Settimana 1-2 . Presa di coscienza. si colloca a cavallo tra la fine della prima settimana e l’inizio della seconda. In questo periodo si registrano scontri in altre città. E’ il momento in cui Twitter entra tra i temi della comunicazione e viene definito “male della societá” e si danno il via agli arresti prima a Smirne e poi ad Adana. Si inizia a parlare di provocatori che sfruttano la rete per infiammare le proteste con l’obiettivo di sovvertire il governo. Il presidente Gul prende posizione sul diritto di manifestazione, sulla necessità di ascoltare le richieste della popolazione. Posizione tenuta anche da altri membri di AKP. In questo momento sembra esserci una “spaccatura” tra la linea del Primo Ministro (in quei giorni in visita istituzionale all’estero) e la massima carica dello stato. Settimana 2-3. Dialogo.Al rientro dalle visite di Stato, durante le quali sono iniziate anche le pressioni a livello internazionale, Erdoğan pur mantenendo una linea ferma inizia a mostrare aperture cercando di distinguere i manifestanti pacifici e i “marjınal grup” (gruppi marginali). Dice di capire i motivi, ma di liberare Gezi perché altrimenti si creano disagi alla popolazione. In questa fase inizia a lanciare i propri ultimatum sullo sgombero. Organizza due incontri con rappresentanti dei manifestanti. Il primo non andrà a buon fine, in quanto non sono stati invitati membri di Solidarietà Taksim. Il secondo, nel giorno successivo, andrà meglio uscendo con la promessa di Erdoğan di sospendere i lavori in attesa della sentenza di appello del Tribunale (chiamato a giudicare la legittimità dei lavori) e quella di Solidarietà Taksim di rimuovere le barricate ma di lasciare la decisione di sgombero ai manifestanti. Reazione e complotto (settımana 3-4). Gezi Parkı e Taksim vengono sgomberati a forza mentre Erdoğan organizza due manifestazioni a supporto del Governo (Ankara e Istanbul) in cui imposta la comunicazione sul “noi e loro”. Accusa i manifestanti di non rispettare la religione e di aver bevuto birra all’interno della mosche di Valide Sultan (notizia già smentita dal…

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Il mio “Passaparola” sulla Turchia

Fatti salvi cambiamenti all’ultimo, lunedì 24 dovrebbe essere pubblicato il mio racconto della Turchia nella rubrica PassaParola del sito di Beppe Grillo. Prima che qualcuno mi accusi di essere incoerente, viste le dichiarazioni fatte, ci tengo a sottolineare che sino all’ultimo sono stato indeciso se rinunciare o meno all’intervista. La proposta di partecipare al passaparola mi era arrivata ancora il 13 di Giugno e diedi subito la disponibilità a registrare. Quando è uscita la notizia dell’espulsione della senatrice Gambaro, preso dalla indignazione pensai di rinunciare per un fattore di coerenza, tanto da aver espresso il mio dubbio anche con lo staff. Va detto che, dall’altra parte, ho trovato comprensione e nessun tentativo di convincermi a continuare. Alla fine ho deciso di continuare e di completare la registrazione. Avevo preso un impegno e, come ho detto anche allo staff, non me la sentivo di venir meno a una promessa fatta. Inoltre sà tratta di una iniziativa che è incidentalmente collegata a quanto succede nel movimento. Si tratta, alla fin fine, di informazione. Nel Passaparola, quindi, ho raccontato di come è nata la protesta di Gezi Parki, di quale è il contesto in cui si inserisce, del ruolo che hanno avuto televisione e carta stampata, dei social media, di come si vivono questi giorni a Izmir e di quali scenari si stanno aprendo (dalle leggi sulla regolamentazione dei social media, ai rapporti con l’europa, alla nascita dei assemblee pubbliche ed altro ancora). Al di là di tutto, spero solo di aver dato un punto di vista in più.

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La Turchia e il caso Gambaro

Non ho mai fatto mistero di essere stato un sostenitore ed elettore del Movimento 5 Stelle e di averlo difeso dall’attacco e dal fuoco incrociato a cui era ed è sottoposto. Però il caso Gambaro ha superato la soglia per me invalicabile del diritto di opinione e di critica. Non mi interessa il cosa ha detto o come si è comportata, ma il modo in cui il Movimento ha reagito e come è stato gestito il tutto, con l’apoteosi delle votazioni on line che avevano il sapore del linciaggio pubblico. Da quando ero bambino, credo, ho sempre sostenuto la libertà ed il diritto di poter dire quello che penso, le mie opinioni e mi ricordo che mi arrabbiavo come un matto quando capitava che qualcuno, per qualsiasi motivo, non mi permetteva di farlo. Tuttavia, anche quando sono stato minacciato di querela per cose scritte su questo blog, ho sempre avuto in me la certezza che quel diritto di opinione e di dissenso, nonostante tutto, nessuno avrebbe potuto toccarmelo. E così è stato fino a un paio di settimane fa, con l’inizio della protesta a Gezi Parki. Quando vedi persone fermate (e rilasciate dopo poco tempo) per aver twittato informazioni durante le proteste. Quando vedi avvocati e medici fermati (e rilasciati dopo poche ore) perché soccorrevano e si prestavano al supporto dei manifestanti. Quando vedi manifestanti caricati non per danni causati, ma solo perché manifestano. Quando vedi tuoi concittadini prendere in mano bastoni per affiancarsi alla polizia e picchiare chi è contrario al suo partito/leader. Quando vedi tutto questo, quando capisci che tutto questo é lotta al dissenso, allora capisci che la libertà non é scontata come credevi. Allora, a quel punto, tu che in questi giorni stai attento a cosa e come scrivi, che sussulti al suono di campanello e, prendendoti in giro, pensi “ecco sono venuti a prendermi”, non puoi accettare che una persona venga messa alla pubblica gogna, trattata come la peggior criminale solo per aver espresso delle opinioni. No, non lo puoi più accettare.  

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Su marketing e marketting

Odio il marketting, proprio non lo riesco a sopportare. Ti presentano un prodotto, uguale ad almeno un altro migliaio sul mercato e, solo per la capacità di vestirlo e di presentarlo, di dirti che è il prodotto che fa per te perché sei bello e affascinante, allora te lo sparano ad una cifra. L’altro prodotto, magari fatto nelle stessa filiera produttiva ed altrettanto valido, ma ma di basso profilo, diventa non affidabile, non altrettanto buono e un po’ da sfigati Amo invece il marketing, quello vero, quello che del prodotto unico, del servizio al cliente come relazione, della comunicazione informativa e non persuasiva, quello che rispetta la tua intelligenza e risponde alle tue reali esigenze e non ti induce bisogni che altrimenti non avresti. Quello che il trend li crea perché è valido, e non li subisce perché il mercato lo richiede. Quello che sa riconoscere la nicchia a cui si rivolge, che non pretende di far credere al suo target di essere altro. Se vi sfugge la differenza, vi odio.

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