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BrainNet, Superintelligenza Collettiva, l’internet delle menti e delle cose

Di recente in ambito scientifico si parla molto dell’esperimento condotto alla University of Washington sulla creazione del primo “social network” di cervelli già ribatezzato come BrainNet

Si tratta di un esperimento in cui il team di ricercatori, di cui fa parte anche l’Italiano Andrea Stocco, ha “messo in rete”, attraverso strumenti medici di uso comune come l’elettroincefalogramma (EEG) e uno stimolatore transcranico, tre cervelli con il compito di giocare ad un gioco simile a Tetris. Il risultato: i tre cervelli hanno collaborato a distanza per agire sul gioco e raggiungere un comune obiettivo, comunicando tra loro.

Alcuni giornali parlano di telepatia e per certi aspetti ci assomiglia. Ma qui, andiamo addirittura oltre. Non solo si trasmette il pensiero da una mente ad un’altra, ma questa comunicazione ha come risultato una azione sul mondo esterno. E’ quanto di più vicino a quello che Nick Bostrom, nel suo libro “Superintelligence“, definisce “Collective SuperIntelligence” (Superintelligenza collettiva):

“Collective superintelligence [is a] system composed of a large number of smaller intellects such that the system’s overall performance across many very general domains vastly outstrips that of any current cognitive system”

ossia:

“Una superintelligenza collettiva è un sistema composta di un grande numero di menti più piccole tale che le prestazioni complessive del sistema su molti domini [applicativi] molto generali supera di gran lunga quelli di qualsiasi sistema cognitivo attuale”.

In altri termini, il totale è superiore alla somma delle singole parti. Un tale sistema sarebbe potenzialmente in grado di risolvere qualsiasi problema scomponibile in sotto elementi autonomi e, maggiore il numero di menti collegate, maggiore è la possibilità di risolvere problemi sempre più complessi.

Come funziona BrainNet

Per una descrizione dettagliata dell’esperimento, vi rimando direttamente allo studio su Arxiv oppure alla sintesi fatta da Technology Review del MIT e, per chi lo volesse in Italiano, su Repubblica. Ancor più in sintesi ecco il funzionamento:

  • due persone “trasmittenti” (in stanze diverse) che vedono il campo di gioco su un monitor;
  • una persona come ricevitore (in una terza stanza) che vede solo la parte alta del campo di gioco;
  • il trasmettitore “pensa” alla mossa che si deve compiere (“Ruotare” o “Non Ruotare” il mattoncino). Il pensiero viene codificato dall’EEG e trasmesso al ricevente;
  • il segnale viene decodificato sotto forma di impulsi al cervello del ricevente, il quale decide se ruotare o meno il mattone. Il suo pensiero viene decodificato a sua volta e trasmesso al gioco.

Risultato: l’81% delle volte il ricevente ha preso la decisione corretta sulla base delle informazioni avute dai trasmettitori ed è riuscito a discriminare anche le informazioni volontariamente falsificate.

Perché è importante questa ricerca?

  1. Innanzitutto ha utilizzato una infrastruttura molto semplice per la trasmissione dei segnali: non invasiva, non richiedendo alcun intervento chirurgico come quelli a cui si sono sottoposti alcuni pionieri del campo (es. Neil Harbisson, Kevin Warwik);
  2. Questa infrastruttura è scalabile e può collegare molti più soggetti ed estendere, quindi, la rete creando un vero e proprio social network di cervelli;
  3. Questa rete potrebbe essere “globale” sfruttando internet, creando così un vero e proprio cloud di cervelli (e qui viene in mente Bostrom)
  4. La sola trasmissione del pensiero può influenzare l’ambiente circostante.
  5. Ha dimostrato che l’essere umano può discriminare l’informazione vera o falsa solo utilizzando il protocollo di connessione cervello-cervello

L’internet delle menti e delle cose

Come qualcuno direbbe è la domanda delle cento pistole. Certo è che i passi che si stanno compiendo in questi anni nella brain-to-brain communication lasciano intravedere un futuro che non è più solo fantascienza, ma inizia a definire i contorni di scenari sempre più concreti.

Nel 2014 un altro team internazionale riuscì nel compito di trasmettere il pensiero di un saluto attraverso internet tra Francia e India. Sempre in quegli anni e, ancora alla University of Washington con Andrea Stocco, un soggetto è stato in grado di controllare il movimento della mano di un secondo soggetto: sempre tramite pensiero e sempre attraverso collegamento remoto.

E’ possibile che in un futuro, sempre più prossimo, vi sarà la naturale evoluzione dell’Internet delle cose (IoT) in cui menti e device saranno collegati alla stessa rete e si possano scambiare dati per prendere decisioni e compiere azioni.

Se questo oggi sembra ancora fantascienza, basti pensare che BrainNet del team di Andrea Stocco ha fatto proprio questo. Le menti collegate hanno agito da ricevitore e trasmettitore di dati mente-mente (brain-to-brain communication), ma anche mente-macchina (brain-to-machine communication).

E ancora, quale potrebbe essere la potenzialità di mettere in relazione queste reti di cervelli e di cose con sistemi di Intelligenza Artificiale? Un nuovo ecosistema uomo-macchina, una ibridazione completa. 

Alcune letture per i più curiosi

Bostrom, Nick (2014), Superintelligence, Oxford University Press (Amazon)

Smithsonian (2015), 
Why Brain-to-Brain Communication Is No Longer Unthinkable (Article)

Stocco & Al. (2018), BrainNet: A Multi-Person Brain-to-Brain Interface for Direct Collaboration Between Brains (Arxiv)

TechnologyReview (2018), The first “social network” of brains lets three people transmit thoughts to each other’s heads (Article)


Published in Scienze Cognitive

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