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Simone Favaro's Tales Posts

Universalità del voto

I commenti sull’esito di Brexit si stanno focalizzando principalmente sull’analisi socio demografica del voto a sostegno delle tesi pro o contro EU. Si evidenzia che il Leave è rappresentato da una fascia di popolazione anziana e poco istruita, mentre lo Stay è per lo più voluto da una fascia giovane ed istruita. I favorevoli al Leave dicono che tuttavia tra i giovani c’è stata una bassa affluenza, mentre tra gli anziani è stata più alta e quindi è “giusto” che la decisione venga accettata. La discussione diventa, come spesso avviene in questi casi, una “lotta di classe” perdendo il focus che, invece, dovrebbe essere centrale: una scelta strategica nazionale sul futuro del paese. Come ben sappiamo, la maggioranza in questo caso è rappresentata dal 51,8% dei votanti. Si parla, quindi, di 17.410.742 per l’uscita contro 16.141.241, ossia una differenza 1.269.501 voti. Un numero sicuramente non piccolo, ma che non è tale da far dire che “la nazione” si è espressa contro la permanenza nell’EU. Tant’è vero che Scozia e Irlanda dove più del 60% si è espresso per rimanere nella UE si stanno ribellando all’esito del referendum, tanto da chiedere l’indipendenza dal Regno Unito pur di rimanere nell’Unione. Prima ancora delle differenze socio-culturali dell’elettorato, qui vi è un problema di una maggioranza semplice (e al limite della soglia) che impone la propria visione ad un’altra metà, che la pensa in modo diametralmente opposto. Se l’esito fosse stato, che ne so, del 65-70%, ovvero una maggioranza qualificata o assoluta, il problema non si sarebbe nemmeno posto. A quel punto si potrebbe dire, per citare la terminologia utilizzata da alcuni, che il popolo si è espresso contro. Una questione, di cui non ha mai parlato la stampa, ma che è stata posta a Westminster a Maggio scorso, attraverso una petizione che oggi conta circa 3 milioni di firme e che, al momento, non è stata ancora discussa a Londra. La petizione chiede una cosa molto semplice: “implementare una regola per la quale se il voto Remain o Leave è inferiore al 60% su una affluenza minore del 75%, ci dovrebbe essere un nuovo referendum“.  Effettivamente sotto queste soglie non possiamo parlare di una decisione nazionale, ma esclusivamente di una decisione di un parte della popolazione (quasi di maggioranza relativa). Tornando alle analisi socio-demografiche del voto, non mi interessa la polemica di chi ritiene, semplificando, che abbia vinto il vecchio ignorante e abbia perso il giovane illuminato. Parto dal presupposto che, in entrambi i casi, fossero voti consapevoli. Mi interessa, tuttavia, che l’universalità del voto sia effettivamente tale e che si eviti la dittatura della maggioranza. Per questo motivo anche io ritengo che o debba essere adottata una soglia di maggioranza qualificata, oppure un meccanismo di doppio voto in caso di affluenza inferiore al…

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I danni degli incarichi “gratuiti”

Dunque il governo Renzi decide di affidare la direzione dell’Agenzia per il Digitale a un top come Diego Piacentini di Amazon per far salire all’81% le famiglie “connesse con reti di prossima generazione” entro il 2020 (oggi al 43%). Anche in questo caso, come lo è stato per Riccardo Luna in qualità di Digital Champion, l’incarico sarà gratuito. Piacentini per i prossimi due anni lavorerà gratis per il Governo Italiano. Se, però, la non retribuzione dell’incarico di Digital Champion è prevista già dal disegno europeo, non si può dire lo stesso per quella di direttore dell’Agenzia per il Digitale. E’ chiaro che Renzi ha deciso questa formula per evitare l’obbligatorietà di ricorrere a selezione con evidenza pubblica. Scelta legittima, che gli permette di avere le mani libere nel nominare chi ritiene più adatto all’incarico. Non sono così illuso dal non pensare che probabilmente Piacentini, comunque, non resterà senza stipendio per due anni e che Amazon, visto l’incarico che ricoprirà, potrebbe aver deciso di continuare a pagarlo. Ma non è questo il punto. Quelli sono affari che riguardano Piacentini. Non mi interessa. Mi interessa tuttavia un altro aspetto che tocca quotidianamente chi lavora nel, per o con il Digitale: farsi pagare le competenze. La tendenza a non retribuire le persone per le proprie competenze potrebbe aggravare la già difficile situazione di chi lavora nel digitale e che ogni giorno si batte contro “il nipote smanettone che mi fa il sito web gratis“; con buona pace degli sforzi fatti da Scano et al. per far riconoscere le professioni del digitale. Si, perché non retribuire Piacentini porta inevitabilmente, nella mentalità diffusa dell’imprenditoria italiana, ad affiancare la scusa del “nipote smanettone” a quella del “guarda, anche il Manager di Amazon lavora gratis”. Ora, non sono uno sciocco e so benissimo che sono argomenti strumentali. Il problema è che questa tendenza a continuare a non retribuire chi lavora nel o per il digitale, lancia il messaggio che queste sono professioni che possono non essere retribuite. Se un Piacentini e un Luna, per merito loro (ci mancherebbe), possono permettersi di “donare” del tempo a queste nobili cause senza compromettere la possibilità di portare il pane a casa, la stessa cosa non si può dire per chi, invece, se non viene pagato, quel pezzo di pane non può nemmeno sognarselo. Se la politica è espressione di chi vota, è anche vero che la politica può consolidare o no questa espressione. Se, quindi, è prassi comune ricorrere all’argomento del “nipote smanettone” e la politica non fa capire che le competenze vanno retribuite ma che, anzi, queste possono essere prese gratis dai top, allora è chiaro che saremo di fronte alla ennesima lotta tra poveri dove – a patto che tu…

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Il nervo scoperto

“Eco e gli imbecilli” potrebbe essere il titolo di un social book sulla polemica scatenata dalla conferenza di Umberto Eco in cui asserì che “Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”. Non mi dilungherò qui sulla interpretazione di quanto detto da Eco (esiste già una cospicua letteratura on-line :-)). Mi permetto tuttavia di fare qualche appunto sulle reazioni sproporzionate che il suo intervento ha generato. (su DataMediaHub potete vedere il filmato completo). Eco deve aver toccato un nervo scoperto, in particolare presso i campioni che si sono sentiti oltremodo offesi da una mera analisi sociologica. Si è riaperta la diatriba tra “il vecchio che non conosce”, che vende minacciata la sua autorevolezza ed il nuovo che, seppur senza titoloni, sta facendo crescere il proprio seguito. Tra i vari articoli letti in giro, il post di Gigi Cogo di qualche giorno fa mi sembra quello che meglio esprime il perché della reazione a mio avviso spropositata a una mera analisi sociologica. Non me ne voglia Gigi, sa quanto lo apprezzi per la sua attività divulgativa e per la sua conoscenza della rete. Alcune delle riflessioni che sto per fare, ho avuto modo già di condividerle nei commenti del suo post. Scrive Gigi: Ovviamente Umberto Eco rappresenta al meglio e con ampi e continui riconoscimenti questa specie di dotto esperto mega-super professorone che, rispetto alle nuove tecnologie ma soprattutto rispetto all’espansione e inclusione di massa che esse determinano, si sente obbligato a stigmatizzare la sua superiorità culturale e lo schifato distacco. Innanzitutto Eco non ha oggi, e non ha mai avuto uno schifato distacco nei confronti della rete. Non almeno come Michele Serra (lui si, se potesse, spegnerebbe Internet domani mattina). Tanto è vero che nei primi anni 90, Eco fu tra i primi in Italia a studiare le potenzialità degli Ipertesti e della rete. Ricordo a tal proposito un esperimento di un racconto ipertestuale in cui ogni parola di un paragrafo apriva un nuovo capitolo della narrazione, generando percosi narrativi sempre diversi. Il problema di fondo che assale lui e i suoi simili, e al quale non sanno dare una risposta, è che davvero oggi uno sconosciuto persino agli inquilini del suo condominio può diventare un personaggio influente in rete. Ciò tormenta Eco e altri suoi pari al punto da portarli a condannare tutti quelli che hanno influenza in rete come ignoranti, incompetenti o meglio ancora: imbecilli. Eco nel suo discorso non condanna chi ha influenza in rete. Quello che dice è che c’è il rischio che una bufala diffusa in rete non abbia limiti nel diffondersi se diventa virale. E questo costituisce un problema di formazione del pensiero. Come sappiamo, la narrazione, in…

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