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Tag: amazon

I danni degli incarichi “gratuiti”

Dunque il governo Renzi decide di affidare la direzione dell’Agenzia per il Digitale a un top come Diego Piacentini di Amazon per far salire all’81% le famiglie “connesse con reti di prossima generazione” entro il 2020 (oggi al 43%). Anche in questo caso, come lo è stato per Riccardo Luna in qualità di Digital Champion, l’incarico sarà gratuito. Piacentini per i prossimi due anni lavorerà gratis per il Governo Italiano. Se, però, la non retribuzione dell’incarico di Digital Champion è prevista già dal disegno europeo, non si può dire lo stesso per quella di direttore dell’Agenzia per il Digitale. E’ chiaro che Renzi ha deciso questa formula per evitare l’obbligatorietà di ricorrere a selezione con evidenza pubblica. Scelta legittima, che gli permette di avere le mani libere nel nominare chi ritiene più adatto all’incarico. Non sono così illuso dal non pensare che probabilmente Piacentini, comunque, non resterà senza stipendio per due anni e che Amazon, visto l’incarico che ricoprirà, potrebbe aver deciso di continuare a pagarlo. Ma non è questo il punto. Quelli sono affari che riguardano Piacentini. Non mi interessa. Mi interessa tuttavia un altro aspetto che tocca quotidianamente chi lavora nel, per o con il Digitale: farsi pagare le competenze. La tendenza a non retribuire le persone per le proprie competenze potrebbe aggravare la già difficile situazione di chi lavora nel digitale e che ogni giorno si batte contro “il nipote smanettone che mi fa il sito web gratis“; con buona pace degli sforzi fatti da Scano et al. per far riconoscere le professioni del digitale. Si, perché non retribuire Piacentini porta inevitabilmente, nella mentalità diffusa dell’imprenditoria italiana, ad affiancare la scusa del “nipote smanettone” a quella del “guarda, anche il Manager di Amazon lavora gratis”. Ora, non sono uno sciocco e so benissimo che sono argomenti strumentali. Il problema è che questa tendenza a continuare a non retribuire chi lavora nel o per il digitale, lancia il messaggio che queste sono professioni che possono non essere retribuite. Se un Piacentini e un Luna, per merito loro (ci mancherebbe), possono permettersi di “donare” del tempo a queste nobili cause senza compromettere la possibilità di portare il pane a casa, la stessa cosa non si può dire per chi, invece, se non viene pagato, quel pezzo di pane non può nemmeno sognarselo. Se la politica è espressione di chi vota, è anche vero che la politica può consolidare o no questa espressione. Se, quindi, è prassi comune ricorrere all’argomento del “nipote smanettone” e la politica non fa capire che le competenze vanno retribuite ma che, anzi, queste possono essere prese gratis dai top, allora è chiaro che saremo di fronte alla ennesima lotta tra poveri dove – a patto che tu…

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WordPress, Pinterest e Evernote: gli account impossibili da chiudere

Prima di aprire un proprio account su una piattaforma, sarebbe importante sapere anche le modalità di cancellazione. Spesso si da per scontato che ad ogni creazione esista sempre la possibilità di poter eliminare il proprio account ed i dati ad esso associati. Sfortunatamente così non è. Ad esempio sapevate che un account su Craiglist o su Evernote è impossibile da chiudere? Ebbene, si. Una volta creato il profilo su queste piattaforme niente può più essere rimosso. O meglio: niente può più essere rimosso automaticamente. Ad esempio su Evernote, l’unica  possibilità è cancellare manualmente tutte le note create ma il profilo viene mantenuto, anche se inattivo. Lo stesso dicasi per WordPress. Anche qui l’account non può essere cancellato e l’unico modo per “svuotare” la propria presenza è di cancellare qualsiasi impostazione, blog, post che si sia creato. E ancora Pinterest. Anche questo servizio non prevede la cancellazione dell’account, ma solo la sua disattivazione. JustDelete.me – la directory che spiega come eliminare i profili JustDelete.me è una directory che raccoglie i principali servizi su web ed indica il grado di difficoltà e la procedura per poter cancellare il proprio profilo sulle diverse piattaforme. I gradi di difficoltà sono indicati con i colori: nero = impossibile verde= facile (easy) rosso=difficile (hard) giallo=medio (medium) Per ciascuna piattaforma, è riportato il link alla pagina del servizio che spiega come sia possibile (se lo è) cancellare il proprio account. Si scopre così che, spesso, si offre la possibilità di disattivare il profilo, ma non di cancellare le informazioni ad esso associate che restano di proprietà dell’azienda che eroga il servizio. Si impara anche che in LinkedIN è facile cancellarsi e che per cancellare il proprio account su Amazon, è necessario inviare una email di richiesta. Sarebbe il caso di porre qui degli standard. Alla fin fine i dati dovrebbero essere proprietà del singolo, o no?

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