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Tag: brand

Trasparenza e buon senso…

    Comunicazione: mettere in comune, condividere. Ma cosa condividere? Dall’advertising, alle pubbliche relazioni, all’ufficio stampa, alla comunicazione interna tutte le attività dell’impresa sono quasi sempre rivolte a mostrare il lato A, tendendo a mettere in evidenza solo ciò che c’è di buono e a nascondere sotto il tappeto lo sporco. Tanto da creare situazioni alquanto imbarazzanti nel momento in cui quello sporco tanto nascosto tende a sbucare fuori dagli angoli. Il principio è: “Non dico bugie, ometto solo una parte della realtà”. Specie oggi dove l’informazione si propaga in tempo reale, l’azienda dovrebbe capire che è più conveniente comunicare in modo trasparente, non omettendo nulla e giocare su una leva di chiarezza e pulizia. Per due ovvie ragioni: la prima, molto banale, che la coperta è sempre corta e, quindi, prima o poi anche quello che non ci interessa dire viene comunque fuori; la seconda, molto meno banale, che mediamente si è disposti a “perdonare” quando c’è ammissione di limiti o colpevolezza piuttosto di quando si nega anche l’evidenza. Questi atteggiamenti hanno un impatto profondo sull’immagine dell’azienda. L’effetto più banale e meno invasivo, nel breve periodo, è la credibilità e, nel medio-lungo periodo, l’affidabilità. Se a questo si aggiunge che le reti di relazione presenti tra i clienti sono il canale primario di informazione e valutazione, questo comporta automaticamente il rischio di trovarsi fuori dal mercato senza accorgersene. La trasparenza, tuttavia, richiede soprattutto la capacità di fare introspezione, fare una analisi delle proprie forze e delle proprie debolezze in modo obiettivo. Ad esempio se la mia tariffa telefonica agevolata vale SOLO ed esclusivamente a determinate condizioni, non devo relegare ad un “*” queste informazioni, ma le devo scrivere a caratteri cubitali. Oppure, se ci sono dei problemi di natura finanziaria nell’azienda, non posso dire a prescindere che va tutto bene. Se non ho la soluzione lo dico e, piuttosto, mi prendo l’impegno (e lo devo mantenere) di trovare un rimedio.  Alcuni potrebbero definirla comunicazione etica, io la chiamo solo “buon senso”.

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Chi sta parlando di me?

  Radian6 è una agenzia dedita al monitoraggio e all’analisi della Reputazione on-line. All’interno del loro sito ho trovato molto interessante la descrizione per punti che viene data ai social media, di cui riporto i titoli: Social media is game changing Social media is not a closed system Social media is not just another media Social media is transparent Social media is more than blogs Social media is decentralized and real-time Social media is measurable Se qualcuno dice che i Social Media non sono altro che un altro dei canali per fare marketing, vi sta rubando i soldi. Ancor prima di parlare, è strategico porsi in ascolto. Forse mai come oggi è così vera l’espressione: “Il comunicatore migliore è quello che più sa ascoltare”. La dencetralizzazione e la propagazione delle notizie rende impossibile controllare in senso classico la comunicazione dell’azienda. L’unico modo è quello di creare le condizioni affinché il brand abbia un’ottima reputazione. Per farlo, tuttavia, non sono sufficienti le pubbliche relazioni. La reputazione, oggi più di ieri, è un processo che investe tutta l’organizzazione aziendale: dalla produzione, alla commercializzazione, al post-vendita ma anche, e soprattutto, la soddisfazione dei dipendenti. Se solo uno di questi fattori viene meno, la reputazione è facilmente compromessa ed il rischio aumenta all’aumentare delle dimensioni dell’impresa. Se poi si considera che la rete è ormai la prima fonte di informazione e che ha portato su scala globale il vecchio “consiglio dell’amico”, è chiaro che non potendo controllare milioni di utenti è molto meno costoso organizzare l’azienda affinché la sua credibilità sia salvaguardata dagli stessi utenti. Rimane comunque una rivoluzione copernicana, talmente profonda e radicale che spesso, anche i governi, preferiscono rendere inaccessibili i network piuttosto che farsi un bell’esame di coscienza.

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