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Tag: Gezi Parki

Social media war in Turkey*

The events of Gezi Parki last June saw the Turkish government to take hard line positions against the “anti-government propaganda” on social media, leading to multiple arrests in several cities  in addition to Istanbul, the center of the protests. The Government tried also to obtain, with little success , information from Twitter and Facebook users’ profiles (see “Twitter says NO to the turkish government ” ) and proposed draft legislation aimed at implementing a greater control over the social channels usage. Something , however, has changed in recent months . In September, the Turkish media broke the news that the ruling  moderate Islamic party  (AKP) has created a team of 6,000 experts in order to set the agenda, lead the trending topic and check the criticism on social media. In his article for Al -Monitor , the Turkish journalist Emre Kizilkaya , who is also the chairman at the Turkish National Committee of the International Press Institute in Vienna, reports the results of the investigation he conducted  (see AKP ‘s social meda wars ). As measured by Kizilkaya , at present the task force commissioned by the AKP would actually moving only in its infancy and the numbers of the “experts ” would be much lower than stated . Despite the Anatolian Agency overs the presence of 4 groups of pro -government activists , there are few true influencer pro-government . One of these is the group Wake Up Attack who runs a Facebook page with 5,000 fans and four Twitter accounts in four different languages  with more than 12,000 followers . Through their own accounts, Wake Up Attack spreads infographics that “(target) those who criticize the government labeling them as (foreign) agents  or terrorists.” From an operational point of view , the groups use the hashtag # AK ( abbreviation of the party) and # ekip (a turkish term to indicate team) to aggregate and connect the tweet. The investigation shows also a close relationship between the account and the party organs which , although not confirmed , it seems to be the direct promoter of these initiatives. It seems, therefore , that Erdoğan and the AKP are preparing to occupy not only the traditional media , but also social media on which , in view of the elections of 2014 , could play a leading role. *originally edited in Italian and published on Pionero.it

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Gezi e la comunicazione di Erdoğan

Ad un mese quasi dall’inizio delle proteste di Gezi Parkı, è possibile iniziare a tracciare una analisi della comunicazione tenuta dal Governo durante queste settimane. Un’osservazione a volo d’acquila fa subito notare alcuni momenti significativi. Per il momento è solo una aggregazione di dichiarazioni, spero di approfondire uletiormente l’analisi con più calma. Settimana 1. Minimalizzazione delle manifestazioni . All’inizio delle proteste, durante la prima settimana – prima dello scoppio del caso a livello internazionale – la comunicazione istituzionale è stata orientata a circoscrivere il fenomeno come un caso isolato promosso da ambientalisti e perditempo. In questa fase i manifestanti sono stati definiti “çapulcu” e il governo ha sottolineato più volte che non avrebbe mai rinunciato al progetto dı Gezi. Settimana 1-2 . Presa di coscienza. si colloca a cavallo tra la fine della prima settimana e l’inizio della seconda. In questo periodo si registrano scontri in altre città. E’ il momento in cui Twitter entra tra i temi della comunicazione e viene definito “male della societá” e si danno il via agli arresti prima a Smirne e poi ad Adana. Si inizia a parlare di provocatori che sfruttano la rete per infiammare le proteste con l’obiettivo di sovvertire il governo. Il presidente Gul prende posizione sul diritto di manifestazione, sulla necessità di ascoltare le richieste della popolazione. Posizione tenuta anche da altri membri di AKP. In questo momento sembra esserci una “spaccatura” tra la linea del Primo Ministro (in quei giorni in visita istituzionale all’estero) e la massima carica dello stato. Settimana 2-3. Dialogo.Al rientro dalle visite di Stato, durante le quali sono iniziate anche le pressioni a livello internazionale, Erdoğan pur mantenendo una linea ferma inizia a mostrare aperture cercando di distinguere i manifestanti pacifici e i “marjınal grup” (gruppi marginali). Dice di capire i motivi, ma di liberare Gezi perché altrimenti si creano disagi alla popolazione. In questa fase inizia a lanciare i propri ultimatum sullo sgombero. Organizza due incontri con rappresentanti dei manifestanti. Il primo non andrà a buon fine, in quanto non sono stati invitati membri di Solidarietà Taksim. Il secondo, nel giorno successivo, andrà meglio uscendo con la promessa di Erdoğan di sospendere i lavori in attesa della sentenza di appello del Tribunale (chiamato a giudicare la legittimità dei lavori) e quella di Solidarietà Taksim di rimuovere le barricate ma di lasciare la decisione di sgombero ai manifestanti. Reazione e complotto (settımana 3-4). Gezi Parkı e Taksim vengono sgomberati a forza mentre Erdoğan organizza due manifestazioni a supporto del Governo (Ankara e Istanbul) in cui imposta la comunicazione sul “noi e loro”. Accusa i manifestanti di non rispettare la religione e di aver bevuto birra all’interno della mosche di Valide Sultan (notizia già smentita dal…

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Il mio “Passaparola” sulla Turchia

Fatti salvi cambiamenti all’ultimo, lunedì 24 dovrebbe essere pubblicato il mio racconto della Turchia nella rubrica PassaParola del sito di Beppe Grillo. Prima che qualcuno mi accusi di essere incoerente, viste le dichiarazioni fatte, ci tengo a sottolineare che sino all’ultimo sono stato indeciso se rinunciare o meno all’intervista. La proposta di partecipare al passaparola mi era arrivata ancora il 13 di Giugno e diedi subito la disponibilità a registrare. Quando è uscita la notizia dell’espulsione della senatrice Gambaro, preso dalla indignazione pensai di rinunciare per un fattore di coerenza, tanto da aver espresso il mio dubbio anche con lo staff. Va detto che, dall’altra parte, ho trovato comprensione e nessun tentativo di convincermi a continuare. Alla fine ho deciso di continuare e di completare la registrazione. Avevo preso un impegno e, come ho detto anche allo staff, non me la sentivo di venir meno a una promessa fatta. Inoltre sà tratta di una iniziativa che è incidentalmente collegata a quanto succede nel movimento. Si tratta, alla fin fine, di informazione. Nel Passaparola, quindi, ho raccontato di come è nata la protesta di Gezi Parki, di quale è il contesto in cui si inserisce, del ruolo che hanno avuto televisione e carta stampata, dei social media, di come si vivono questi giorni a Izmir e di quali scenari si stanno aprendo (dalle leggi sulla regolamentazione dei social media, ai rapporti con l’europa, alla nascita dei assemblee pubbliche ed altro ancora). Al di là di tutto, spero solo di aver dato un punto di vista in più.

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La Turchia e il caso Gambaro

Non ho mai fatto mistero di essere stato un sostenitore ed elettore del Movimento 5 Stelle e di averlo difeso dall’attacco e dal fuoco incrociato a cui era ed è sottoposto. Però il caso Gambaro ha superato la soglia per me invalicabile del diritto di opinione e di critica. Non mi interessa il cosa ha detto o come si è comportata, ma il modo in cui il Movimento ha reagito e come è stato gestito il tutto, con l’apoteosi delle votazioni on line che avevano il sapore del linciaggio pubblico. Da quando ero bambino, credo, ho sempre sostenuto la libertà ed il diritto di poter dire quello che penso, le mie opinioni e mi ricordo che mi arrabbiavo come un matto quando capitava che qualcuno, per qualsiasi motivo, non mi permetteva di farlo. Tuttavia, anche quando sono stato minacciato di querela per cose scritte su questo blog, ho sempre avuto in me la certezza che quel diritto di opinione e di dissenso, nonostante tutto, nessuno avrebbe potuto toccarmelo. E così è stato fino a un paio di settimane fa, con l’inizio della protesta a Gezi Parki. Quando vedi persone fermate (e rilasciate dopo poco tempo) per aver twittato informazioni durante le proteste. Quando vedi avvocati e medici fermati (e rilasciati dopo poche ore) perché soccorrevano e si prestavano al supporto dei manifestanti. Quando vedi manifestanti caricati non per danni causati, ma solo perché manifestano. Quando vedi tuoi concittadini prendere in mano bastoni per affiancarsi alla polizia e picchiare chi è contrario al suo partito/leader. Quando vedi tutto questo, quando capisci che tutto questo é lotta al dissenso, allora capisci che la libertà non é scontata come credevi. Allora, a quel punto, tu che in questi giorni stai attento a cosa e come scrivi, che sussulti al suono di campanello e, prendendoti in giro, pensi “ecco sono venuti a prendermi”, non puoi accettare che una persona venga messa alla pubblica gogna, trattata come la peggior criminale solo per aver espresso delle opinioni. No, non lo puoi più accettare.  

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