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Tag: infomarketing

E abbiamo capito tutto

Non è la prima volta che mi appare su Facebook questo Advertising. A parte la bufala del contenuto che non conta  il BlogDiGiulio74.it non è un blog  ma una landing page per richiedere un qualcosa di non ben definito (ebook, whitepaper, …). Non si capisce se il prodotto sia gratuito o a pagamento Non è indicato chi è l’autore o la società a cui fa capo Non sono riportate le obbligatorie note informative della privacy il vero blog è su un dominio .com intestato alla stessa persona ed in cui si trovano i riferimenti, qui si, all’ebook scaricabile gratuitamente (notare che in un post si parla di infomarketing… a proposito di contenuto :-)) Per arrivarci, però, sono passato dal NIC per la verifica del dominio e da 123people.it per ricercare informazioni sull’autore. Visto e considerato che la landing page è stata fatta per essere raggiunta dall’ads e che non tutti hanno tempo da perdere (come me :-)) nel fare ricerche, immagino i potenziali contatti persi per la mancanza di struttura della campagna … ora rileggete il body copy del Facebook Ad e datemi i vostri pareri 🙂

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Media digitali in crescita e il dilemma dei Paid Content

Cresocono i ricavi dei New Media che nel 2009 registrano un + 12%. All’intermo del segmento, le Sofa-TV pesano per il 76%, Internet il 18% e il Mobile per il 6%. E’ quanto emerge dal rapporto “New TV e Media: la crisi accelera la trasformazione”, realizzato dall’osservatorio ICT & Management del Politecnico di Milano. I dati presentati dal rapporto evidenziano due distinte direzioni per i media basati su Internet e su Mobile. Mentre, infatti, su Internet il 98% dei ricavi si hanno dall’Advertising, sul Mobile oltre il 90% deriva dalla vendita di contenuti, in particolare di infotaitment. Per quanto riguarda le Televisioni, invece, il fenomeno mette in secondo piano le piattaforme Internet, Mobile e IPTV privilegiando le satellitari che raggiungono il 40% del mercato televisivo, con la piattaforma SKY che con il suo 84% fa ancora la parte del leone ma vede la competizione del DTT che sale all’11%. Pagamento dei contenuti: alcune considerazioni [IMHO] Se il modello di Advertising è quello che genera ancora i maggiori introiti sul canale internet, molti si stanno chiedendo come rendere appetibile e monetizzabile il contenuto. Una delle questioni poste dall’Osservatorio come opportunità – ma secondo me anche come limite – è che non è stata ancora compresa a fondo la rivoluzione del Social Web. La più grande rivoluzione del social web non è tecnologica ma di modello culturale. Il web sociale si basa sulla condivisione di idee e opinioni. Si basa sulla conversazione e sull’arricchimento della stessa attraverso l’interazione degli utenti. E’ chiaro che in questo modello, il contenuto aperto è un contenuto che accresce il suo valore non nella fase di produzione, ma nei momenti successivi alla sua divulgazione, laddove si genera la conversazione. Il flusso informativo che può generarsi è talmente elevato che l’organizzazione delle informazioni – e la sintesi – per il singolo fruitore diventa difficile. E’ qui dove, a mio avviso, si innesta l’opportunità di business. Infoproduct: un modello possibile? Tempo fa parlai di un caso italiano di infoproduct – dove rischiai anche la citazione in tribunale per uso improprio del marchio [e pensare che li stavo viralizzando, NdR] – che ritenni molto interessante per il modello di business alla base. Il Blog approfondiva temi sulla seduzione, fornendo consigli su conquiste, gestione dei rapporti, ecc. L’utente era invogliato a saperne sempre di più, ad approfondire gli argomenti e, quindi, ecco che arrivava la proposta commerciale di acquistare il manuale. L’idea alla base è molto semplice: distinguere tra il contenuto per la conversazione ed il contenuto commerciale. Dove i due possono coincidere per tema, ma avere approfondimenti diversi. Applicarli per i media è possibile. Però richiede di rivedere l’impostazione e il modo di fare giornalismo e/o televisione. SINTESI Ritengo fallimentare…

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Dimmi chi sei e ti darò ciò che vuoi. Lo Zen e l’arte delle Aree Riservate

  Anche oggi la mia casella postale è riempita al 50% di email alert che mi avvisa della disponibilità di materiali che possono interessarmi. Mi collego, vado nell’area download e… ALT! Se vuoi scaricarlo inserisci email e password! Chiudo la finestra e vado via… Premessa. Il documento in questione è un report sulla Business Intelligence. Chi lo fornisce offre, gratuitamente, solo l’executive summary mentre per il report completo chiedono la bellezza di 92 euro + IVA. Relativamente all’executive summary non si ha nemmeno un minimo di informazione: numero di pagine,  tipo di contenuto, niente… Detto questo. Ma perché mai dovrei registrarmi per avere un executive summary? E’ come andare in negozio e lasciare la carta di credito solo per guardare gli scaffali. Quella delle aree riservate è un po’ una moda. Costruite per monitorare gli accessi e il potenziale interesse ed, eventualmente, per avere i tuoi riferimenti affinché uno sprovveduto call center ti contatti, le Aree Riservate intese come “documenti ad accesso riservato” credo siano solo delle inutili perdite di tempo perché: interrompono il flusso di navigazione. Io utente arrivo nella pagina che mi interessa e, per poter leggerne i contenuti, devo spendere 5 minuti a compilare l’ennesimo form. Cerco da un’altra parte. Hanno mediamente un contenuto di scarso valore. Un area riservata che chiede i miei dati deve darmi informazione vera e contenuto utile. Che me ne faccio di un executive summary magari di una pagina dove si e no ti dicono “il mercato va bene, il mercato va male, siamo in recessione” ? L’area riservata ha un reale significato quando al proprio interno custodisce informazioni riservate legate all’utente o l’accreditamento del visitatore permette di ergoare contenuti personalizzati allo stesso. Al contrario, non ha per nulla senso se il suo scopo è solo quello di far sapere al Marketing Manager che Pippo ha scaricato il contenuto Pluto ma non mi da alcun valore aggiunto. Se il mio obiettivo è quello di generare business attraverso la vendita di contenuti (come nel caso di questa mattina) magari mi conviene adottare un approccio un po’ diverso. Ad esempio: dammi in consultazione on line il tuo report, e magari vendimi i dati di dettaglio o una versione che non sia il semplice PDF di quella on-line. Tanto se non mi dai tu “gratis” le informazioni che cerco, me le vado a prendere da qualche altra parte: le relazioni e le reti esistono anche per questo.

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Scusate, è successo anche a me!

    Eh si, signori miei, è successo anche a me.   Avevo pubblicato un post sull’infoproduct citando come “best case” un blog (che ora non posso citare) e in cui sostenevo come, finalmente, esistesse un esempio Italiano di infomarketing degno di nota. A partire dall’osservazione di questo blogsite avevo isolato alcune caratteristiche che dovrebbe avere un blog mirato all’infomarketing. Arrivo a casa e mi trovo una email dell’ufficio legale dell’azienda (che ovviamente non cito) e che mi intima di rimuovere entro 24 ore il post pena la denuncia di violazione dell’utilizzo del marchio perchè, l’utilizzo fatto, era considerato lesivo dell’immagine aziendale.  Vi scrivo poichè abbiamo riscontrato che state utilizzando sul vostro sito, senza autorizzazione il marchio [CENSORED], fornendo informazioni che denigrano l’immagine del nosto sito nonchè divulgando informazioni riservate. Che dire? sono esterefatto. Capisco se ne avessi parlato male, capisco se li avessi dipinti come truffaldini. Ma prendere un blog o un sito come esempio sano di infomarketing e sentirsi minacciare di danno di immagine… inoltre dove sono le informazioni riservate dato che tutto ciò che cito è pubblicato proprio sul loro sito?  Dei responsabili, monitorano quotidianamente le testate ed i siti presenti su internet, per tanto, nell’eventualità in cui si dovessero ripetere altre violazioni nei nostri confronti, procederemo, SENZA ALCUN PREAVVISO alla citazione in giudizio, sulla base degli articoli che disciplinano la tutela di informazioni riservate ed il trattamento di marchi registrati. Ancora… ma riservate di cosa? Se le informazioni fossero riservate, quantomento dovrebbero essere protette da Password se non, addirittura, non pubblicate. Sul trattamento dei marchi registrati posso capirlo, anche se, come ho detto, non è stato fatto alcun uso a fini di diffamazione. A proposito di word-of-mouth marketing… Comunque, come disse Garibaldi, Obbedisco! Questo è un blog personale tenuto a tempo perso. Sinceramente essere citato per aver fatto pubblicità positiva proprio non mi va e lasciare il post non me ne viene nulla. Quindi l’ho rimosso. Scusate!

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