Ho condiviso ieri su Amplify questo articolo interessante di ADAge relativo all’era del Post-Digitale. In sintesi quanto si sostiene è che, al di là dei grandi investimenti fatti sulle piattaforme digitali, in realtà i marketer attuano campagne che di digitale hanno ben poco – vi rimando all’articolo per gli approfondimenti e gli esempi. Iniziai a parlare di post-digitale qualche anno fa. Si basa su un concetto molto semplice: non esiste più una distinzione e un confine netto tra ciò che è rete e ciò che è mondo reale. Le due sfere si mescolano e creano un’unica esperienza. Non si tratta nemmeno di realtà aumentata. La realtà aumentata parte dal presupposto che esiste il mondo reale e un insieme di “protesi” che estendono la conoscenza. Il Post-Digitale, invece, vede nel web uno degli aspetti della vita: come ci sono gli aperitivi, il lavoro, l’ufficio, gli amici, la casa, così esiste un altro ambiente chiamato web che frequentiamo al pari di altri ambienti e, al pari di altre situazioni, il web può influenzare ciò che è “fuori” da esso. E’ chiaro, quindi, che si innesca un flusso continuo in cui il centro non è il mondo reale né quello virtuale. Il centro è l’IO che si muove in diversi ambienti. Il Post Digitale in questo senso richiama il concetto di neo-umanesimo e della riscoperta dell’individuo come centro e motore delle proprie azioni. Non è una mera disquisizione filosofica. Ha grossi impatti nel quotidiano. Li vedremo più avanti.
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Il Festival di San Remo di Bonolis mi piace, benché presenti molti degli schemi già utilizzati in altri suoi programmi, specie nell’interazione con Luca Laurenti. E’ interessante lo stile di conduzione da avanspettacolo applicato ad contesto che per molti anni è stato il simbolo dell’ingessamento. Per la prima volta (non ricordo altre edizioni) si vede un pubblico vivo, partecipe. Poi ci sono molti elementi di novità anche nell’organizzazione stessa della scenografia e della regia: 1) la giuria popolare in sala. Finalmente l’entità tanto misteriosa della giuria popolare non solo ha un volto ma diventa attore dello show e interagisce con il palco. 2) La giuria web e l’inserimento di artisti eletti direttamente dalla rete. Benchè mostri ancora tutti i limiti della ‘novità’, l’idea di far selezionare alcuni artisti direttamente dal popolo dovrebbe, a tendere, risolvere la controversia per anni discussa sulla effettiva rappresentanza della musica italiana. 3) La scelta degli spazi fisici. La giuria popolare in galleria, la giuria web a fianco del palco. Al centro, distribuiti attorno a un ‘disco’, le orchestre da un lato classica (archi, fiati) e dall’altro moderna (chitarre, bassi). 4) Le aperture delle serate. Lunedì il filmato di Mina, ieri il montaggio interattivo sulle scene di Amadeus. Quest’ultimo, in particolare, l’ho trovato meraviglioso: geniale l’idea di gestire, attraverso un montaggio alternato in diretta, la fase creativa e il risultato finale. 5) Vallette e Valletti. Ogni sera un uomo e una donna, sempre differenti. Non si cade mai nella monotonia. Per quanto mi riguarda, la direzione artistica di Bonolis è promossa. Anche se, Lunedì, mi è caduto un po’ sul cecchinaggio a Del Noce. Tuttavia, qualche soddisfazione all’ego del direttore di rete bisogna pur darla.
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