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Month: March 2009

Oltre la cortina

Oltre la cortina di fumo che circola sulla “filosofia” dei social network. Circola in rete da qualche giorno questa citazione di Chris Anderson. Che dire, iniziamo a diradare la nebbia? Social media, doesn’t exist for a shared purpose. It exists to serve the individual. We don’t tweet to built Twitter, we tweet to suit ourselves. We blog because we can, not because we have signed on to a blogging project (Chris Anderson)

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Trasparenza e buon senso…

    Comunicazione: mettere in comune, condividere. Ma cosa condividere? Dall’advertising, alle pubbliche relazioni, all’ufficio stampa, alla comunicazione interna tutte le attività dell’impresa sono quasi sempre rivolte a mostrare il lato A, tendendo a mettere in evidenza solo ciò che c’è di buono e a nascondere sotto il tappeto lo sporco. Tanto da creare situazioni alquanto imbarazzanti nel momento in cui quello sporco tanto nascosto tende a sbucare fuori dagli angoli. Il principio è: “Non dico bugie, ometto solo una parte della realtà”. Specie oggi dove l’informazione si propaga in tempo reale, l’azienda dovrebbe capire che è più conveniente comunicare in modo trasparente, non omettendo nulla e giocare su una leva di chiarezza e pulizia. Per due ovvie ragioni: la prima, molto banale, che la coperta è sempre corta e, quindi, prima o poi anche quello che non ci interessa dire viene comunque fuori; la seconda, molto meno banale, che mediamente si è disposti a “perdonare” quando c’è ammissione di limiti o colpevolezza piuttosto di quando si nega anche l’evidenza. Questi atteggiamenti hanno un impatto profondo sull’immagine dell’azienda. L’effetto più banale e meno invasivo, nel breve periodo, è la credibilità e, nel medio-lungo periodo, l’affidabilità. Se a questo si aggiunge che le reti di relazione presenti tra i clienti sono il canale primario di informazione e valutazione, questo comporta automaticamente il rischio di trovarsi fuori dal mercato senza accorgersene. La trasparenza, tuttavia, richiede soprattutto la capacità di fare introspezione, fare una analisi delle proprie forze e delle proprie debolezze in modo obiettivo. Ad esempio se la mia tariffa telefonica agevolata vale SOLO ed esclusivamente a determinate condizioni, non devo relegare ad un “*” queste informazioni, ma le devo scrivere a caratteri cubitali. Oppure, se ci sono dei problemi di natura finanziaria nell’azienda, non posso dire a prescindere che va tutto bene. Se non ho la soluzione lo dico e, piuttosto, mi prendo l’impegno (e lo devo mantenere) di trovare un rimedio.  Alcuni potrebbero definirla comunicazione etica, io la chiamo solo “buon senso”.

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Chi sta parlando di me?

  Radian6 è una agenzia dedita al monitoraggio e all’analisi della Reputazione on-line. All’interno del loro sito ho trovato molto interessante la descrizione per punti che viene data ai social media, di cui riporto i titoli: Social media is game changing Social media is not a closed system Social media is not just another media Social media is transparent Social media is more than blogs Social media is decentralized and real-time Social media is measurable Se qualcuno dice che i Social Media non sono altro che un altro dei canali per fare marketing, vi sta rubando i soldi. Ancor prima di parlare, è strategico porsi in ascolto. Forse mai come oggi è così vera l’espressione: “Il comunicatore migliore è quello che più sa ascoltare”. La dencetralizzazione e la propagazione delle notizie rende impossibile controllare in senso classico la comunicazione dell’azienda. L’unico modo è quello di creare le condizioni affinché il brand abbia un’ottima reputazione. Per farlo, tuttavia, non sono sufficienti le pubbliche relazioni. La reputazione, oggi più di ieri, è un processo che investe tutta l’organizzazione aziendale: dalla produzione, alla commercializzazione, al post-vendita ma anche, e soprattutto, la soddisfazione dei dipendenti. Se solo uno di questi fattori viene meno, la reputazione è facilmente compromessa ed il rischio aumenta all’aumentare delle dimensioni dell’impresa. Se poi si considera che la rete è ormai la prima fonte di informazione e che ha portato su scala globale il vecchio “consiglio dell’amico”, è chiaro che non potendo controllare milioni di utenti è molto meno costoso organizzare l’azienda affinché la sua credibilità sia salvaguardata dagli stessi utenti. Rimane comunque una rivoluzione copernicana, talmente profonda e radicale che spesso, anche i governi, preferiscono rendere inaccessibili i network piuttosto che farsi un bell’esame di coscienza.

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Non mi serve uno zio vescovo

Se si pensa che il marketing non convenzionale possa servire solo ai beni di largo consumo, prendetevi ‘sto getto di acqua fredda. “Senza uno zio vescovo” è la campagna virale di Infojobs. Il concept è semplice ma allo stesso tempo molto azzeccato, soprattutto se inquadrato nella specifica intolleranza generata proprio dai casi di raccomandazione e assunzioni “politiche” di cui sono oggetto non solo enti pubblici, ma anche aziende private. Senza uno zio vescovo è una campagna virale fatta e finita. Un video virale ed il suo makin-of, wall paper, spille digitali e addirittura, prossimamente, un flash mob. L’unico neo che vedo è il fatto di essere un prodotto di puro advertising “passivo”. Perché dovrei pubblicare il bollino nei miei profili in giro per i social network? Perché dovrei iscrivermi al flashmob? Perché dovrei scaricare il wallpaper? L’idea sarebbe stata perfetta se inserita, ad esempio, in una iniziativa contro le raccomandazioni o in una campagna di sensibilizzazione verso le aziende sui costi generati dalle raccomandazioni.

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L’advergame che premia gli sfigati

Se si è “sfigati” perchè non tentare la fortuna? Nasce il primo sito VIETATO ai troppo fortunati: www.fortunclub.it. Si legge nel comunicato pubblicato su freeonline.it: Basta perdere! Basta arrivare sempre ultimi! Finalmente un club è dedicato a coloro che non ne possono più di essere “sfortunati”.Basta iscriversi, per poter vincere da subito migliaia di premi: Auto, moto, videocamere, tv, fotocamere ma anche case. Vincere è facile basta iscriversi, raccontare la propria storia e per la prima volta quella più sfortunata, vincerà da subito un fantastico premio. Veniteci a visitare su www.fortunclub.it, ma ATTENZIONE il sito è assolutamente vietato per i “troppo fortunati”. Il sito, ad oggi, non è del tutto attivo. Funziona solo il link di registrazione. Tutti gli altri al momento non sono attivi, probabilmente perchè ancora in fase di rodaggio. Nel footer appare la società M & C Srl e la partita iva. Cercando la partita iva su google, si trova l’accesso ad un file di testo contenente lo statuto. A vederlo così, comunque, pare un buon progetto di Adverteintment. Conferma si ha infatti all’art.3 – Oggetto – dove si trova scritto: FORTUNCLUB ha per oggetto , attraverso la gestione di siti internet , lo svolgimento di attività ricreative , di informazione, di gioco lecito on line, di socializzazione, di cultura, di creazione e gestione di siti internet e connesse attività commerciali con transazioni in via telematica, di sponsorizzazioni, di promozioni, di pubblicità, di giochi on line legati alle promozioni commerciali, con premi non in denaro, commercio on line, ed ogni attività annessa e connessa a quelle precedentemente indicate il tutto nel pieno rispetto delle normative vIgenti nei settori in cui si andrà ad operare e con la sola esclusione di qualsiasi attività che la legge riserva ad associazioni di tipo particolare od aventi caratteristiche e requisiti particolari, FORTUNCLUB sarà inoltre mezzo di socializzazione e di cultura promuovendo i contatti, tramite chat / e-mail , tra tutti i membri che intendano confrontarsi con i propri problemi quotidiani e dare e ricevere consigli. Agli inizi degli anni 2000 Procter & Gamble aveva creato Winnerland gestito dallo spin-off Digibrand. A differenza di quell’esperimento, sembra che Fortunclub diventi un vortal che integra advertising, community e intrattenimento. .. sotto forma di un club gestito da una società. Chissà come andrà l’esperimento?

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