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Month: March 2010

Media digitali in crescita e il dilemma dei Paid Content

Cresocono i ricavi dei New Media che nel 2009 registrano un + 12%. All’intermo del segmento, le Sofa-TV pesano per il 76%, Internet il 18% e il Mobile per il 6%. E’ quanto emerge dal rapporto “New TV e Media: la crisi accelera la trasformazione”, realizzato dall’osservatorio ICT & Management del Politecnico di Milano. I dati presentati dal rapporto evidenziano due distinte direzioni per i media basati su Internet e su Mobile. Mentre, infatti, su Internet il 98% dei ricavi si hanno dall’Advertising, sul Mobile oltre il 90% deriva dalla vendita di contenuti, in particolare di infotaitment. Per quanto riguarda le Televisioni, invece, il fenomeno mette in secondo piano le piattaforme Internet, Mobile e IPTV privilegiando le satellitari che raggiungono il 40% del mercato televisivo, con la piattaforma SKY che con il suo 84% fa ancora la parte del leone ma vede la competizione del DTT che sale all’11%. Pagamento dei contenuti: alcune considerazioni [IMHO] Se il modello di Advertising è quello che genera ancora i maggiori introiti sul canale internet, molti si stanno chiedendo come rendere appetibile e monetizzabile il contenuto. Una delle questioni poste dall’Osservatorio come opportunità – ma secondo me anche come limite – è che non è stata ancora compresa a fondo la rivoluzione del Social Web. La più grande rivoluzione del social web non è tecnologica ma di modello culturale. Il web sociale si basa sulla condivisione di idee e opinioni. Si basa sulla conversazione e sull’arricchimento della stessa attraverso l’interazione degli utenti. E’ chiaro che in questo modello, il contenuto aperto è un contenuto che accresce il suo valore non nella fase di produzione, ma nei momenti successivi alla sua divulgazione, laddove si genera la conversazione. Il flusso informativo che può generarsi è talmente elevato che l’organizzazione delle informazioni – e la sintesi – per il singolo fruitore diventa difficile. E’ qui dove, a mio avviso, si innesta l’opportunità di business. Infoproduct: un modello possibile? Tempo fa parlai di un caso italiano di infoproduct – dove rischiai anche la citazione in tribunale per uso improprio del marchio [e pensare che li stavo viralizzando, NdR] – che ritenni molto interessante per il modello di business alla base. Il Blog approfondiva temi sulla seduzione, fornendo consigli su conquiste, gestione dei rapporti, ecc. L’utente era invogliato a saperne sempre di più, ad approfondire gli argomenti e, quindi, ecco che arrivava la proposta commerciale di acquistare il manuale. L’idea alla base è molto semplice: distinguere tra il contenuto per la conversazione ed il contenuto commerciale. Dove i due possono coincidere per tema, ma avere approfondimenti diversi. Applicarli per i media è possibile. Però richiede di rivedere l’impostazione e il modo di fare giornalismo e/o televisione. SINTESI Ritengo fallimentare…

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Il sogno reale di una nuova società

Chi dice che l’Italia è ferma al passo, si sbaglia di grosso. Si, forse taluni conservatori non riescono ad andare un palmo oltre il loro naso. Tuttavia c’è un fermento sotto che negli ultimi anni, in particolare proprio con l’avvento della crisi, sta crescendo e aumentando nel numero e nell’importanza. Internet ne è il driver. Solo dall’inizio dell’anno possiamo citare, una per tutti, iniziative quali Internet è libertà – che ha avuto una grande risonanza. Le fiere si popolano di contenuti legati a nuovi modelli di business, come è successo ad ExpoGradget con il progetto presentato da Maurizio Goetz. E poi la rete ricca e colma di nuovi modi di fare e vivere la società con l’informazione iperlocale ed i business club nati dalla rete: iniziative che non si limitano a restare virtuali, ma che agiscono nel reale facendo “cose”. Quello che tuttavia vedo è che questi fermenti restano isolati, ognuno alla ricerca di un posto di “visibilità”, poco aperti alla collaborazione, allo scambio, alla creazione congiunta di nuovi progetti reali, come nel loro “piccolo” fanno. Sogno, quindi, una società che riesca ad alzare il coperchio che la soffoca, che esploda, si mescoli e generi assieme il futuro, oggi delineato e un po’ disperso da individualismi e protagonismi. Il network è un gioco ma, come insegna la psicologia, il gioco è fonte di apprendimento perché permette al bambino di conoscere ciò che lo circonda. Ed il gioco collettivo permette di sperimentare la possibilità di crescere, evolvere e cambiare. Ecco cosa vedo nel futuro della rete: dopo il primo “gioco” individuale, la possibilità di far sistema e cambiare le regole. Il piccolo “miracolo” di Barack Obama è l’esempio che “si può fare”

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Social network e social nimby

Esiste la solitudine e l’incapacità di relazione, di aprirsi e di instaurare rapporti. No, non lo dico solo io, ma almeno una decina di persone che ho incontrato questa settimana e con cui ho approfondito la questione. Ognuno di essi si lamentava della fatica di costruire amicizie, di parlare con qualcuno senza ottenere come risposta – nella migliore delle ipotesi – uno sguardo di diffidenza. Tutti a rilevare che le relazioni sociali si basano sulla presentazione da parte di qualcuno già inserito in quel gruppo e che è quasi impossibile creare conoscenze da soli. Nei confronti, inoltre, emergeva che mediamente tutti si sentono appartenenti ad una minoranza distinta dalla massa: se fosse per loro il mondo andrebbe in modo diverso. Tuttavia, se tutti quelli con cui ho parlato – io compreso – osservano questi comportamenti come negativi, com’è possibile che non si sia ancora scatenato il motore di cambiamento? La risposta che mi sono dato è perchè mediamente ci si aspetta che sia l’altro a iniziare. Esiste un retaggio culturale per cui se sei tu a cercare qualcuno, sei quello debole perchè hai bisogno. Un po’ come con i cellulari. Nessuno chiama, tutti aspettano di essere chiamati. Ma se nessuno chiama, come fai ad essere chiamato? E’ lo stesso principio del NIMBY ma a livello sociale: il social NIMBY. Tutti hanno dei bisogni sociali ma nessuno se ne vuole prendere carico, nemmeno per se stessi. La cresicita dei Social Network sono un effetto dell’intolleranza all’isolazionismo e all’individualismo. Essi, così come le chat degli anni 90, permettono di creare una “relazione” senza mettersi in gioco direttamente. Un ambiente in cui, anche se mi espongo, non ne ho un impatto sociale diretto per cui un eventuale rifiuto potrebbe crearmi un danno. Un luogo in cui, nel caso mi stancassi, posso semplicemente cancellare il contatto e non ho più responsabilità nei confronti dell’altro. E’ una questione, per dirla alla Bauman, di rendere liquido il processo sociale, di socializzare a consumo. Tuttavia gli stessi social network sono lo strumento per abbattere il social nimby. La richiesta di “amicizia” in facebook è “anonima”. Nessuno, a parte la persona a cui l’hai chiesta, sa che sei stato tu a fare il primo passo. Alla fine nel tuo news feed risulterà solamente che “Pippo is now friend with Pluto“.  Di conseguenza la tua dignità è salvaguardata. Una volta instaurato il contatto, è giustificata la trasposizione nella vita reale, che dovrà però nascondere il fatto di essersi conosciuti attraverso internet (che comunque fa molto sfigato, eh!) Sono curioso di avere la vostra opinione. Esiste una difficoltà di relazionarsi per motivi di status symbol? esiste una chiusura alle relazioni dirette? Preferite essere promotori della relazione o utenti? Mi raccomando… solo risposte “oneste” 🙂

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Principesse alla Riscossa: portare una donna vera in copertina

Vi ricordate di Cenerontola, il progetto virale creato da Davide Nonino per promuovere il proprio libro? Bene, quel progetto inizialmente viral-markettaro è diventato un vero e proprio movimento per dare visibilità a tutte le Cenerontole, che non trovano spazio nella stampa mainstream. Sono oltre 2500 le Cenerontole iscritte alla Fanpage, che quotidianamente postano i propri pensieri. Ora il movimento esce dal virtuale ed entra nel reale. Così, nasce “Principesse alla Riscossa“, per dar voce e volto alle principesse con la O.  Ecco cosa accadrà, dalla stessa voce di Cenerontola: […] faremo una lista di riviste/giornali dove noi VERE principesse non veniamo neppure calcolate se non perché qualche volta tocca parlare e dire con buonismo che abbondante è bello!!! Poi spedirò personalmente dal mio castello delle VERE lettere a tutte le redazioni di queste riviste in cui diremo la NOSTRA, ovvero racconteremo quali sono le DONNE VERE DI OGGI. Il nostro obiettivo? Portare una DONNA VERA in copertina o anche solo una nostra frase stampata in una pagina (ma noi voliamo alto e puntiamo alla copertina hihi…)!! Cosa conterrà la lettera? Un’introduzione di due righe in cui si spiega cosa significa essere CenerOntole (quindi non le solite principesse, proprio come spiego sulle info qui di questa pagina) + tutte le vostre frasi, niente più. Come partecipare? Scopritelo nella FanPage di CenerOntola!

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