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Month: June 2013

Turchia. Old e new media in #occupygezi

Relativamente a quanto succede in Turchia, non tornerò a ripetere quanto ormai e noto sulle cause e sulle dinamiche che stanno interessando la protesta e nemmeno del ruolo che ha avuto Internet ed in particolare Twitter nella comunicazione e nell’organizzazione delle manifestazioni. Tuttavia conoscendo il grado di digitalizzazione del paese, la domanda  è: davvero è stato sufficiente Twitter a far crescere la partecipazione? Internet qui, secondo gli ultimi dati di Internet World Stats, raggiunge il 45,7% dei cittadini ed è particolarmente concentrato nelle regioni delle prime tre grandi città (Istanbul, Ankara e Izmir). Confrontando i luoghi delle proteste con la distribuzione del tasso di penetrazione è evidente che Internet da solo non avrebbe potuto smuovere la massa che è scesa in piazza in questi giorni in, ricordiamolo, oltre 90 città. Allora come è stato possibile tutto questo? Esistono diverse concause: Attivismo dei giornalisti della carta stampata. In generale ciascun giornalista ha un account Twitter su cui è attivo, non solo per sindacare i propri articoli ma in costante contatto e relazione con i propri follower/lettori. Quanto avvenne a Taksim, quindi, fu subito a portata di mano dei giornalisti che iniziarono subito ad osservare quanto stava accadendo e ad intervenire direttamente come hub e amplificatori. TV locali. come l’Italia, anche la Turchia ha una media di tempo di consumo televisivo superiore alla media mondiale, in particolare le TV locali. Esse hanno coperto in modo completo e costante quanto accadeva a Taksim prima e nei vari centri successivamente. L’assenza dei network nazionali. Come risaputo, i network nazionali non hanno coperto l’evento e, quando l’hanno fatto, lo riportavano in modo strumentale. Cosa puntualmente smentita subito a mezzo Twitter dai manifestanti e successivamente dalla carta stampata. Eccezione di questo è Halk TV che ha sempre coperto l’evento in diretta, mentre altri canali (come CNN Turk o NTV, per citare i più noti) trasmettevano documentari o intrattenimento. Network internazionali. In Turchia la TV satellitare gratuita è molto diffusa. CNN e BBC sono stati tra i primi network internazionali a coprire gli scontri a Taksim e a trasmetterli. CNN e BBC sono normalmente visibili su satellite e, in abbonamento, anche con il doppiaggio o il sottotitolo in Turco. Ciascuno, quindi, ha avuto un ruolo ben distinto: Twitter è stato lo strumento organizzativo e di comunicazione tra i manifestanti, ma anche la fonte principale per la carta stampata. TV locale è stata la prima fonte di informazione territoriale, che ha attirato i manifestanti a Taksmi TV nazionale (ad eccezione di Halk TV) si è prestata come organo di informazione “governativa”. I Network Internazionali hanno giocato come informatore all’estero e come watch dog nei confronti dei network internazionali, allo stesso tempo informando la popolazione locale. In questo contesto ritengo…

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Cosa sta succedendo in Turchia

Solo oggi i media italiani hanno iniziato a parlare delle manifestazioni in Turchia. Ieri la stampa internazionale, a cominciare dal Guardian, avevano puntato l’attenzione a Piazza Taksim ad Istanbul e a #occupygezi. Come riportano tutte le testate, la manifestazione nasce per salvare Gezi Parki, un giardino in zona Taksim che dovrebbe essere smantellato per lasciar posto ad un centro commerciale. La protesta, iniziata Lunedì 27 maggio, in realtà ormai è divenuta una protesta contro il governo Erdogan e la sua deriva autoritaria. La protesta arriva dopo una serie di leggi, di proposte di legge ed interventi adottati dal governio di AKP che, grazie al suo 50%, ha costantemente ignorato e (laddove necessario) represso ogni forma di protesta della società civile (legge sull’alcol, obbligo di prescrizione medica per la pillola del giorno dopo, e altre iniziative come la demolizione dello storico cinema Emek di Istanbul). Ciò che differenzia questa manifestazione da tutte le altre è che per la prima volta, l’interesse che si cercava di tutelare era un bene pubblico difeso da laici e religiosi, oltre ogni forma ideologica e ha interessato un numero elevato di persone. La reazione è stata, come di solito avviene, sproporzionata con veri e propri attacchi da parte delle forze dell’ordine a manifestanti pacifici. Nei social media l’informazione ha corso alla velocità della luce, mentre i media nazionali tacevano o limitavano le notizie. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ora quello che succederà non lo sappiamo. In questo momento, mentre continua l’azione repressiva, anche internet inizia ad avere problemi…

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