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Category: Italiano

Post in lingua Italiana

WordPress, Pinterest e Evernote: gli account impossibili da chiudere

Prima di aprire un proprio account su una piattaforma, sarebbe importante sapere anche le modalità di cancellazione. Spesso si da per scontato che ad ogni creazione esista sempre la possibilità di poter eliminare il proprio account ed i dati ad esso associati. Sfortunatamente così non è. Ad esempio sapevate che un account su Craiglist o su Evernote è impossibile da chiudere? Ebbene, si. Una volta creato il profilo su queste piattaforme niente può più essere rimosso. O meglio: niente può più essere rimosso automaticamente. Ad esempio su Evernote, l’unica  possibilità è cancellare manualmente tutte le note create ma il profilo viene mantenuto, anche se inattivo. Lo stesso dicasi per WordPress. Anche qui l’account non può essere cancellato e l’unico modo per “svuotare” la propria presenza è di cancellare qualsiasi impostazione, blog, post che si sia creato. E ancora Pinterest. Anche questo servizio non prevede la cancellazione dell’account, ma solo la sua disattivazione. JustDelete.me – la directory che spiega come eliminare i profili JustDelete.me è una directory che raccoglie i principali servizi su web ed indica il grado di difficoltà e la procedura per poter cancellare il proprio profilo sulle diverse piattaforme. I gradi di difficoltà sono indicati con i colori: nero = impossibile verde= facile (easy) rosso=difficile (hard) giallo=medio (medium) Per ciascuna piattaforma, è riportato il link alla pagina del servizio che spiega come sia possibile (se lo è) cancellare il proprio account. Si scopre così che, spesso, si offre la possibilità di disattivare il profilo, ma non di cancellare le informazioni ad esso associate che restano di proprietà dell’azienda che eroga il servizio. Si impara anche che in LinkedIN è facile cancellarsi e che per cancellare il proprio account su Amazon, è necessario inviare una email di richiesta. Sarebbe il caso di porre qui degli standard. Alla fin fine i dati dovrebbero essere proprietà del singolo, o no?

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Guerrilla Marketing Politico

Pare che ieri, molti di voi (io, ahimè, no), abbiano potuto ammirare striscioni aerei inneggianti Silvio Berlusconi e altri di voi (purtroppo sempre io escluso), abbiano letto numerosi volantini contro Silvio Berlusconi e abbiano visto apparire enormi V rosse sulle spiagge. Tutti voi avete avuto la fortuna di assistere al nuovo stadio della comunicazione Politica, mutuato dal mondo del marketing: il Guerilla Marketing Politico. Dopo Coca Cola vs. Pepsi e XBOX vs. Nintendo, ora arriva Silvio vs. Resto del Mondo. Va detto, comunque, che anche questa volta il PDL/Berlusconi ha saputo spiazzare tutti in quanto ad abilità di comunicazione e la reazione da parte di Rossi (PD) e Crimi (M5S) gli hanno regalato nuovamente il primato. Quello che mi atterrisce è, comunque, il fatto che non sia più comunicazione della politica ma politica della comunicazione.

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Cifre tonde

Le cifre “tonde”, quelle con gli interi per intenderci, mi inquietano. Mi danno sempre l’idea di pressapochismo, di una cifra messa lì solo per indicare dei numeri per far contento qualcuno ma di cui non si conosce la provenienza e poco importa. Nel realizzare Business Plan e piani di sviluppo, mi sono spesso trovato difronte a reazioni esterrefatte quando, calcoli alla mano, si presentavano cifre specificate all’unità. La reazione era sempre quella del timoroso. “Se metti questo dettaglio, rischi che ci chiedano di giustificare la cifra e poi come facciamo? abbiamo bisogno di flessibilità” Ecco il punto. Tutto deve essere relativo, il rispetto degli impegni un optional. Allora la cifra puntuale chiama responsabilità, quella tonda di permette di andare un po’ sopra o un po’ sotto dicendo “visto, comunque ci sono andato vicino”. Non solo, la cifra tonda di permette di spostare soldi da una parte all’altra in modo più flessibile, cambiare destinazione di finanziamenti rendendo più facile ridistribuire i numeri e ottenere sempre lo stesso totale. La cifra non tonda, invece, di costringe ad essere meticoloso nella gestione, a guardare il centesimo di spesa o di fatturato, a non poter trasferire finanziamenti senza che non emerga immediatamente. Perché, la cifra puntuale, richiama l’attenzione di chi la legge. In Italia siamo troppo abituati a lavorare per arrotondamenti successivi.

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Aboliamo le Regioni

Oggi ho compilato i due questionari della Consultazione Pubblica per le Riforme Costituzionali e ho notato che vi è una ampia parte, in particolare nel secondo questionario, dedicata alla riorganizzazione della struttura statale (Regioni, Province e Comuni). La linea guida che emerge dalle domande poste è quello delle Province come mattone principale da ristrutturare, questione sicuramente spinta negli ultimi anni anche dalle campagne della Lega e del Movimento 5 Stelle. Mi sono fatto l’idea che il vero ente inutile non siano le Provincie, ma le Regioni per tutta una serie di motivi storici e organizzativi legati alla gestione del territorio e al ruolo originariamente previsto per questo ente (di “amministrazione delegata” da parte dello stato), che lo rendono una macchina molto costosa e poco efficace. Un esempio per tutti, sono i progetti relativi al digitale. Le Regioni, che spesso hanno la lungimiranza di investire in questo settore e dare vita a molte iniziative, spesso mancano di incisività. Se da un lato guardano a un processo sistemico territoriale, dall’altro si trovano a scontrarsi con una organizzazione ben più capillare. Per intenderci, si trovano a dover gestire rapporti con Confindustria (che ha circoscrizioni provinciali), con le ASL (provinciali e comunali), associazioni di categoria (spesso a dimensione provinciale), con i Comuni singoli e con le Provincie. Chiaro che il processo di engagement, in un sistema così distribuito richiede tempi lunghissimi per coordinare e integrare tutti i soggetti che, pur appartenendo al medesimo “gruppo sociale”, esprimono esigenze territoriali differenti. L’unico risultato certo è che qualsiasi progetto, anche il migliore, nel momento della sua attuazione sarà vecchio. Con tutti i problemi del paese, la Turchia ha tuttavia una organizzazione statale molto efficiente.  Nei rapporti tra Stato e Territorio, lo Stato definisce le linee guida generali di sviluppo o azione su base Regionale, “costringendo” le Provincie a cooperare nell’attuazione dei piani. Uno di questi esempi è il Piano di Sviluppo Regionale 2014-2023 della regione EGE, attualmente in fase di completamento. Proprio questo progetto dimostra, inoltre, come avvicinandosi maggiormente al territorio, sia possibile attuare una forma di democrazia partecipata migliore. Eliminare le Regioni e riorganizzare le provincie come “assemblea di città metropolitane” o “comitato dei comuni” (laddove non sia possibile costituire una città metropolitana) risolverebbe tantissimi problemi, rafforzando autonomie locali, riducendo i costi amministrativi locali e definendo una linea netta tra le materie di competenza tra Stato e Enti Territoriali.

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