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Category: Social Network & Social Media

Storify: citizen journalism e collaborazione

Immaginate di poter avere uno strumento dove raccogliere tutti i materiali presenti in rete su un argomento di interesse. Ecco in sintesi Storify, un social network di citizen journalism collaborativo che permette di ricercare le conversazioni ed i contenuti in tutti i principali social network e di aggiungerli ad un vostro post semplicemente trascinandoli e creando collegamenti alle diverse fonti. Una volta creata la storia, Storify permette di condividerla in rete. L’aspetto ancor più interessante è che anche le storie di altri utenti possono essere utilizzate come fonti, stimolando di fatto collaborazioni e arricchimento. Stando a quanto riporta Andrea Casaleggio, la piattaforma solo a marzo ha registrato 4 milioni di utenti attivi.  

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Tweet different

La rete è piena di suggerimenti su come aumentare i propri follower, su strumenti di analisi e di gestione del proprio account. Ma di post che vadano al di là dello strumento e sulla gestione della relazione (quella vera, fatta di persone dietro agli account) ce ne sono pochi. Ecco perchèha catturato la mia attenzione l’articolo pubblicato da Daily Bloggr il cui titolo è significativo: “4 Semplici modi di mostrare amore e rispetto ai propri follower”. In sintesi: 1) Fai retweet a chi twitta/retwitta il tuo blog / tuoi link 2) Se hanno un sito, iscriviti ad esso e aiutali a promuovere i loro contenuti 3) Aiutali sostenendo i loro sforzi 4) Connettiti con loro su altri social media Viene ribaltato il punto di vista: dal più comune utilitaristico e monodirezionale (i follower sono le vacche da mungere per la propria reputazione, gli sputo fuori i miei tweet.fine) a quello di reciprocità.

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Social web, oltre l’ascolto c’è di più

Noto, con dispiacere, che gira ancora molta fuffa sul social web. Oltre a parlare di “ascolto”, del paradigma della comunicazione bidirezionale, di tecnologie e ad aggiungere “social” a modelli consolidati (social crm, social marketing, social vattelappesca) c’è poco, pochissimo altro. Anche i casi di studio che vengono presentati alle conferenze lasciano intravedere solo ed esclusivamente un innamoramento verso la tecnologia e l’immaginario che la circonda. Lo stesso innamoramento per cui a cavallo dell’anno 2000 se non avevi un sito web non eri nessuno (come dice Sabelli Fioretti : chi non ha un sito oggi?). Si vedono pochissimi esempi di nuovi modelli di business, nuove idee. Si prende l’esistente e lo si re ingegnerizza in termini “social”.  E questo va bene se lo fanno Oracle, Microsoft, SAP che di mestiere fanno i tecnologici. Non va più bene quando sono start-up di nuove imprese o agenzie di “comunicazione” che a modelli tradizionali aggiungono l’elemento social aggiungendo “ShareThis”, gli RSS, aprendo pagine su Facebook e account twitter, aggiungendo pulsanti di integrazione. Per veicolare cosa? Per fare che cosa? Quale valore aggiunto danno, rispetto a quello che potrebbero fare SENZA i social media? Il valore aggiunto è solo per chi lo fa, non per chi ne usufruisce. Dove sta la vera novità dei Social Media tanto sbandierata dai GURU italiani? Se all’estero nascono progetti come Foursquare – che oltre all’aspetto tecnologico hanno un’idea di business ben precisa, identificabile e offrono qualcosa che prima non c’era – in Italia non vedo esempi di questo tipo. Eppure di spazi ce ne sono molti. Specie con il mobile che cresce di giorno in giorno. Qui – come sin commentava ieri con un amico – si ragiona ancora in termini di desktop. Eppure il mobile anche in Italia è in forte crescita.

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Dal Digital al Social Divide

  Con l’estensione della copertura della banda larga, non si tratta più di assicurare e garantire l’accesso alla rete, bensì di diffondere una cultura della rete. Non come conoscenza tecnologica, bensì come educazione al medium.  Se da un lato i social media hanno un potenziale costruttivo elevatissimo per agevolare le relazioni tra gli utenti, dall’altro lato esiste un altrettanto elevato rischio su cui si gioca la reputazione dei singoli.  Se si pensa infatti che social network, blog e gruppi divengono sempre più canali di recruiting, è immediato pensare che se non sei in rete, sei fuori dal mondo del lavoro. Esiste, tuttavia, un altro aspetto. Se da un lato i social media ti possono aprire al mondo del lavoro, gli stessi strumenti ti possono lasciare fuori se non li sai gestire consapevolmente poiché tutto ciò che noi pubblichiamo (foto su face book, filmati su youtube, ecc.) soprattutto grazie agli aggregatori e ai sistemi di sottoscrizione e aggiornamento (rss feed, ecc.) entra nella memoria condivisa e non sarà mai possibile cancellare del tutto.  Quindi non esiste solo un problema di mera presenza sulla rete, ma anche una educazione all’utilizzo della rete che deve essere preventiva. La vera separazione sarà tra chi ‘controlla’ la propria presenza sui social media e chi la subisce. Si creerà, quindi, una differenza tra chi è in rete e chi sa utilizzare la rete. Si aprirà una questione di Social Divide, ancor più seria del Digital Divide, perché a differenza di quest’ultimo non lo puoi normare e non puoi risolverlo con infrastrutture o con lettere di avvocato che intimano di cancellare il post. E’ un processo di crescita culturale che passa attraverso l’esperienza e l’apprendimento diretto di ciascuno. Sarà strategico sempre più che si questo devide venga colmato non solo per l’interesse del singolo, ma soprattutto della società. Una maggiore consapevolezza degli strumenti ridurrà, di conseguenza, i casi di abusi di cui oggi parla la stampa.

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Le reali potenzialità del Social networking ieri a Treviso!

All’incontro di ieri organizzato da NordEstCreativo si è parlato di Social Networking, non di facebook, di ning, di linkedin. Si è parlato di come gli strumenti di Social Networking stiano ri-definendo i comportamenti sociali ed i modelli di business e per la prima volta, almeno per me, si è parlato di numeri. E mentre mediamente le aziende impediscono l’accesso ai social network, c’è chi come l’azienda LAGO, implementa il social network come strumento di collaborazione produttiva ottenendo risultati a dir poco sconcertanti: – 40% nei tempi d attivazione delle persone; -97% nei tempi dedicati alle riunioni, demandando agli strumenti di collaborazione la gestione delle comunicazioni; + 40% dell’indice di qualità delle decisioni  Che dire? I numeri parlano da soli.

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