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Simone Favaro - International Temporary Manager Posts

Man Machine Interface

    Chi è cresciuto a pane e fantascienza non può non ricordare i cavi con cui il Maggiore Kusanagi si interfacciava alla rete e poteva comunicare e controllare i computer solo con il pensiero. Erano gli anni 90 e Ghost In The shell evidentemente ha preannunciato una rivoluzione che proprio in questi anni si sta concretizzando. Dopo gli annunci del Nic sulla robotica, dopo il progetto Cyborg 2.0 del professor Kevin Warwik , nel sito on line de Il Sole 24 Ore appare la notizia che, finalmente, sarà possibile controllare il PC con il solo pensiero grazie ad una connessione attraverso elettrodi. L’applicazione, si dice nell’articolo, sarà rivolta in particolar modo ai disabili che non sono in grado di interfacciarsi con il computer attraverso il corpo. Personalmente credo che non mancheranno le applicazioni militari e industriali… L’uomo diventa interfaccia umana per il controllo dei PC e sempre di più è parte integrante di quel mondo “digitale” da lui realizzato per lo sviluppo della comunicazione. Non sembrano essere molto distanti le visioni di Johnny Mnemonic, di Ghost In The Shell appunto e, in un certo qual modo, di Matrix. 

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Dimmi chi sei e ti darò ciò che vuoi. Lo Zen e l’arte delle Aree Riservate

  Anche oggi la mia casella postale è riempita al 50% di email alert che mi avvisa della disponibilità di materiali che possono interessarmi. Mi collego, vado nell’area download e… ALT! Se vuoi scaricarlo inserisci email e password! Chiudo la finestra e vado via… Premessa. Il documento in questione è un report sulla Business Intelligence. Chi lo fornisce offre, gratuitamente, solo l’executive summary mentre per il report completo chiedono la bellezza di 92 euro + IVA. Relativamente all’executive summary non si ha nemmeno un minimo di informazione: numero di pagine,  tipo di contenuto, niente… Detto questo. Ma perché mai dovrei registrarmi per avere un executive summary? E’ come andare in negozio e lasciare la carta di credito solo per guardare gli scaffali. Quella delle aree riservate è un po’ una moda. Costruite per monitorare gli accessi e il potenziale interesse ed, eventualmente, per avere i tuoi riferimenti affinché uno sprovveduto call center ti contatti, le Aree Riservate intese come “documenti ad accesso riservato” credo siano solo delle inutili perdite di tempo perché: interrompono il flusso di navigazione. Io utente arrivo nella pagina che mi interessa e, per poter leggerne i contenuti, devo spendere 5 minuti a compilare l’ennesimo form. Cerco da un’altra parte. Hanno mediamente un contenuto di scarso valore. Un area riservata che chiede i miei dati deve darmi informazione vera e contenuto utile. Che me ne faccio di un executive summary magari di una pagina dove si e no ti dicono “il mercato va bene, il mercato va male, siamo in recessione” ? L’area riservata ha un reale significato quando al proprio interno custodisce informazioni riservate legate all’utente o l’accreditamento del visitatore permette di ergoare contenuti personalizzati allo stesso. Al contrario, non ha per nulla senso se il suo scopo è solo quello di far sapere al Marketing Manager che Pippo ha scaricato il contenuto Pluto ma non mi da alcun valore aggiunto. Se il mio obiettivo è quello di generare business attraverso la vendita di contenuti (come nel caso di questa mattina) magari mi conviene adottare un approccio un po’ diverso. Ad esempio: dammi in consultazione on line il tuo report, e magari vendimi i dati di dettaglio o una versione che non sia il semplice PDF di quella on-line. Tanto se non mi dai tu “gratis” le informazioni che cerco, me le vado a prendere da qualche altra parte: le relazioni e le reti esistono anche per questo.

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91 discutibili tesi per un marketing diverso

 Non amo fare le markette, ma quando si trova in rete qualcosa di geniale è un reato non farlo. E’ il caso del libro di [mini]marketing “91 discutibili tesi per un marketing diverso“. In poco più di 30 pagine, distribuite in Creative Commons, Gianluca Diegoli con la sua verve caratteristica e uno stile alla cluetrain manifesto propone degli spunti su come debba essere ripensato il marketing.  Ecco solo alcune delle tesi che mi sento di sottoscrivere centinaia di volte (in realtà sottoscriverei tutto il libro, ma a questo punto scaricatelo :)): Il marketing è morto in quanto sono esaurite le due condizioni che lo nutrivano: primo, che le persone non potessero parlare facilmente e direttamente loro, secondo, che il canale di trasmissione fosse concentrato, semplice e direttamente controllabile. Le persone si relazionano prima di tutto con altre persone, non con aziende anonime. Incentivate le persone in azienda a partecipare liberamente alla conversazione, come singoli, senza divise e loghi. La conversazione aziendale passa solo attraverso le persone. Non ha importanza il numero di ripetizioni del messaggio, soprattutto se non volete ascoltare la nostra risposta. Dopo il primo, diventa solo fastidio e rumore di fondo. Immaginate la vostra reazione se qualcuno vi chiedesse più volte la stessa cosa, e poi si disinteressasse della risposta. Uguale. Non riuscirete più a separare la conversazione online dalla conversazione off-line. Ne esiste una sola. Invece di pensare di “creare” nuove comunità, prendete in considerazione l’idea di incoraggiare quelle esistono. Il fatto che siano o meno all’interno del perimetro del vostro web aziendale non ha nessuna rilevanza. Non esistono più clienti “top”: ognuno di loro potrebbe avere un blog e domani essere al numero 1 di Google con un racconto di come l’avete considerato insignificante. Se aveste aperto una conversazione in precedenza, avreste avuto una possibilità in più di conoscere in modo diverso il vostro interlocutore, e renderlo partecipe anziché antagonista. E’ giusto bloccare l’accesso al web e ai social network in azienda, se non avete intenzione di partecipare alla conversazione nei prossimi dieci anni – oppure se preferite spendere più avanti cento volte il costo del tempo utilizzato in rete dai vostri dipendenti in formatori e consulenti, che gli insegneranno ciò che avrebbero potuto imparare da soli. Ecco… il resto leggetevelo.

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Dal Tramonto all’Alba

Il mito di riportare in vita i morti è stato un leitmotiv dal Vangelo, a Mary Shelley, ad H.P. Lovecraft. Ridare vita a tessuti morti, ormai in necrosi, dove la vita ormai ha cessato di esistere… il sogno proibito dell’uomo. L’Italia e l’occidente in generale è oggi come quei cadaveri che qualche moderno Dr. Frankestein tenta di rianimare attraverso inutili scariche elettriche con il rischio di creare un freak, un mostro che non potrà avere speranza di sopravvivere a lungo. Inutile il tentativo di rigenerare un sistema ormai defunto. Siamo all’alba di una nuova generazione che dovrà necessariamente dimenticare i modelli del passato e ridefinire gli assetti sociali, ricordandosi che la società è funzionale agli individui e non i singoli alla società. Questo avviene già in micro contesti, ristretti. Con tutto il male che si può dire, il movimento di Beppe Grillo ha dato una spinta in questa direzione. Anche oggi, totalmente o quasi ignorati dai mass media, i gruppi continuano ad operare nel territorio. Alcuni hanno preso le distanze dal comico Genovese mantenendo, tuttavia, lo spirito di partecipazione democratica che ha animato il movimento dalle origini. E’ un segnale epocale. A differenza dei qualunquisti o dei girotondini, il “popolo di Grillo” riesce a vivere a prescindere dal proprio leader. Ne ha appreso i mezzi, gli strumenti, i metodi. E li applica, come il bambino che impara a camminare, prima per mano del genitore e poi in modo autonomo. E la rete, questa rete tanto diffamata, ne è stata il motore. Negli ultimi due anni l’abbiamo visto anche su scala mondiale, con la nascita di un leader quale Barack Obama, espressione di un cambiamento che è stato chiesto dal basso. Abbiamo assistito, in Italia, alla affermazione di modelli di network professionali nati dalla rete e attivi sul territorio (ClubIN, Innovatori, … ). Tutti accomunati dalla volontà di riportare l’individuo al centro dei processi di cambiamento, di sviluppo, di innovazione.  In questo 2009 probabilmente questi fenomeni si intensificheranno e assisteremo all’avvento di un nuovo umanesimo, un umanesimo post-digitale. Un umanesimo che metterà definitivamente in discussione assetti politici ed economici, costringendoli ad adeguarsi o ad auto escludersi.

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