Non voglio entrare nella disputa “Startup Si”, “Startup no” (la terra dei cachi?). Non ne so molto, quindi mi astengo dal valutarne utilità o meno. Tuttavia, ho letto l’articolo di Repubblica relativo alla 17enne che crea una Rete Neurale volta alla diagnosi dei tumori (con una accuratezza sconcertante); leggo, ad esempio, delle startup in corpo all’MIT le cui applicazioni hanno utilità sociale e/o economica. Poi penso ai casi italiani (uno per tutti Volunia) e mi vengono alcune riflessioni: le startup Italiane sono solo tecnologiche. Puntano all’adozione della tecnologia più all’avanguardia e cercano di confezionare un prodotto appetibile commercialmente sono “fashion addicted“. Fatti salvi alcuni casi, molti prodotti sono finalizzati all’enterteinment. Non fanno reale ricerca. Probabilmente perché mancano di un committente pubblico o privato con reale interesse nel “miglioramento” della società, i prodotti realizzati sono quasi esclusivamente indirizzati al “gioco”. Ne ricavo l’impressione (e la conferma) che manchi lo spirito di “innovazione” inteso come miglioramento. Riprendendo il caso della Rete Neurale Anti-Tumori, con ogni probabilità sarà costutuita una società per migliorare il prodotto e commercializzarlo. Diventerà business. Alla sua base, tuttavia, c’è una finalità differente. Non è l’applicazione “mi piace” o che mi fa migliorare l’esperienza su Istangram. Sarà una applicazione che potrebbe contribuire a salvare moltissime vite. Mi chiedo quindi: continuiamo ad essere la terra dei cachi anche qui?
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Esistono due Italie, non separate geograficamente ma culturalmente. Una non in grado di immaginare un mondo nuovo; la seconda con l’occhio rivolta al domani, cercando modelli completamente differenti. La prima arroccata sullo scoglio di ciò che conosce, la seconda in mare aperto alla ricerca di nuove terre. La prima vissuta nell’agio, la seconda alla ricerca della propria strada. Sono ormai a una tale distanza che la seconda Italia si autodeterminerà fregandosene altamente dell’ordine costituito fino a metterlo ai margini e ridefinendone uno nuovo. Una secessione culturale già iniziata e giunta a un buon livello di maturità.
Leave a CommentIn realtà AmeliaCamp è il nome improvvistato da Andrea Casadei mentre stavamo assaggiando le ottime sottilette di gambero e merluzzo su letto di radicchio biologico. Eravamo in ventotto – almeno secondo la questura – e tutti blogger veneti (Venezia, Verona, Vicenza, Treviso, …) che Gigi Cogo ha riunito sabato 20 scorso al Ristorante Dall’Amelia a Mestre. Anche più del previsto, visto che alla fine abbiamo dovuto aggiungere un tavolo, altrimenti non ci si stava. Iniziative di questo tipo sono la dimostrazione delle grandi potenzialità che si possono manifestare nella rete. Infatti non è stata solo l’occasione di incontrarsi, ma anche di discutere di progetti e attività, dal VeneziaCamp a nuove iniziative tutte volte a unire competenze, conoscenze e passioni per creare qualcosa di concreto: progetti che non rimarranno parole. In queste occasioni si può realmente capire che la tecnologia è solo l’ultimo anello dell’innovazione. E quale migliore contesto di un ambiente informale, dove la discussione è stimolata dagli ottimi piatti, ciascuno dei quali accompagnati da una presentazione? Quel risotto al nero di seppia su letto di crema di zucca era veramente meraviglioso…
4 CommentsVenezia, un museo a cielo aperto? Mi pare una visione disneyana che non corrisponde per niente alla realtà. La città lagunare, infatti, nel corso degli anni si è conquistata un ruolo importante nella Cultura ma, gradualmente si sta aprendo all’innovazione e, in un futuro molto prossimo, diverrà il la città-incubatore dell’innovazione culturale. Da un punto di vista industriale, la conversione in corso degli spazi dell’Arsenale, la creazione dell’incubatore di impresa, il centro Vega e la sua prossima apertura alla Musica. Sul versante della tecnologia e del think tanking, iniziative quali Venice Sessions, voluta da Telecom Italia e Nòva24, BatèoCamp ed il prossimo VeniceCamp che rientrano nel progetto Cittadinanza Digitale. Music City Mall Marghera VEGA View more documents from STUDIO BARONI. A differenza di altre città quali Milano e Roma, Venezia è l’esempio più concreto del vilaggio global-tribale: la sua conformazione geografica, isolata dalla “terra ferma”; il melting pot di culture e di investimenti; ma ancora una dimensione di città a misura d’uomo, dinamiche da villaggio in un contesto internazionale. La differenza la fanno le persone, non il ruolo né l’azienda. Venezia, da città dei Mercanti e del Commercio a Villaggio delle idee e dell’innovazione. Una città che è ancora in grado di sognare e di rimettersi in gioco.
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