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Tag: Marketing

Facebook mi perseguita!

Capitano giorni in cui, per una qualche ragione, ovunque ti giri trovi sempre riferimenti ad uno stesso argomento. Ieri per me è stata la giornata di Facebook. No, non perchè sia stato tutto il giono a girovagare per i contatti, ma perchè mi sono imbattuto più e più volte in post ed articoli focalizzati sul social network. Inizio con il leggere Gianluca Diegoli che, su MiniMarketing, pone il quesito se convenga o meno essere presenti su Facebook (argomento che in parte ho trattato pochi giorni fa anche io). Mi arriva, quindi, un alert di 01Net Blog con il post “Facebook Si o No?”. Qui, invece, si parla dei blocchi o meno del network in azienda (toh, mi ritorna qualcosa qui e qui). Ancora, la newsletter di Ad Age Digital mi riporta il post “Facebook’s Changes  Gives Brands More Freedom“; ottimo il sotto titolo “But Can Marketers  Respect Social-Network Netiquette?”  Poi non ditemi che soffro di manie di persecuzione! 🙂

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Dimmi chi sei e ti darò ciò che vuoi. Lo Zen e l’arte delle Aree Riservate

  Anche oggi la mia casella postale è riempita al 50% di email alert che mi avvisa della disponibilità di materiali che possono interessarmi. Mi collego, vado nell’area download e… ALT! Se vuoi scaricarlo inserisci email e password! Chiudo la finestra e vado via… Premessa. Il documento in questione è un report sulla Business Intelligence. Chi lo fornisce offre, gratuitamente, solo l’executive summary mentre per il report completo chiedono la bellezza di 92 euro + IVA. Relativamente all’executive summary non si ha nemmeno un minimo di informazione: numero di pagine,  tipo di contenuto, niente… Detto questo. Ma perché mai dovrei registrarmi per avere un executive summary? E’ come andare in negozio e lasciare la carta di credito solo per guardare gli scaffali. Quella delle aree riservate è un po’ una moda. Costruite per monitorare gli accessi e il potenziale interesse ed, eventualmente, per avere i tuoi riferimenti affinché uno sprovveduto call center ti contatti, le Aree Riservate intese come “documenti ad accesso riservato” credo siano solo delle inutili perdite di tempo perché: interrompono il flusso di navigazione. Io utente arrivo nella pagina che mi interessa e, per poter leggerne i contenuti, devo spendere 5 minuti a compilare l’ennesimo form. Cerco da un’altra parte. Hanno mediamente un contenuto di scarso valore. Un area riservata che chiede i miei dati deve darmi informazione vera e contenuto utile. Che me ne faccio di un executive summary magari di una pagina dove si e no ti dicono “il mercato va bene, il mercato va male, siamo in recessione” ? L’area riservata ha un reale significato quando al proprio interno custodisce informazioni riservate legate all’utente o l’accreditamento del visitatore permette di ergoare contenuti personalizzati allo stesso. Al contrario, non ha per nulla senso se il suo scopo è solo quello di far sapere al Marketing Manager che Pippo ha scaricato il contenuto Pluto ma non mi da alcun valore aggiunto. Se il mio obiettivo è quello di generare business attraverso la vendita di contenuti (come nel caso di questa mattina) magari mi conviene adottare un approccio un po’ diverso. Ad esempio: dammi in consultazione on line il tuo report, e magari vendimi i dati di dettaglio o una versione che non sia il semplice PDF di quella on-line. Tanto se non mi dai tu “gratis” le informazioni che cerco, me le vado a prendere da qualche altra parte: le relazioni e le reti esistono anche per questo.

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91 discutibili tesi per un marketing diverso

 Non amo fare le markette, ma quando si trova in rete qualcosa di geniale è un reato non farlo. E’ il caso del libro di [mini]marketing “91 discutibili tesi per un marketing diverso“. In poco più di 30 pagine, distribuite in Creative Commons, Gianluca Diegoli con la sua verve caratteristica e uno stile alla cluetrain manifesto propone degli spunti su come debba essere ripensato il marketing.  Ecco solo alcune delle tesi che mi sento di sottoscrivere centinaia di volte (in realtà sottoscriverei tutto il libro, ma a questo punto scaricatelo :)): Il marketing è morto in quanto sono esaurite le due condizioni che lo nutrivano: primo, che le persone non potessero parlare facilmente e direttamente loro, secondo, che il canale di trasmissione fosse concentrato, semplice e direttamente controllabile. Le persone si relazionano prima di tutto con altre persone, non con aziende anonime. Incentivate le persone in azienda a partecipare liberamente alla conversazione, come singoli, senza divise e loghi. La conversazione aziendale passa solo attraverso le persone. Non ha importanza il numero di ripetizioni del messaggio, soprattutto se non volete ascoltare la nostra risposta. Dopo il primo, diventa solo fastidio e rumore di fondo. Immaginate la vostra reazione se qualcuno vi chiedesse più volte la stessa cosa, e poi si disinteressasse della risposta. Uguale. Non riuscirete più a separare la conversazione online dalla conversazione off-line. Ne esiste una sola. Invece di pensare di “creare” nuove comunità, prendete in considerazione l’idea di incoraggiare quelle esistono. Il fatto che siano o meno all’interno del perimetro del vostro web aziendale non ha nessuna rilevanza. Non esistono più clienti “top”: ognuno di loro potrebbe avere un blog e domani essere al numero 1 di Google con un racconto di come l’avete considerato insignificante. Se aveste aperto una conversazione in precedenza, avreste avuto una possibilità in più di conoscere in modo diverso il vostro interlocutore, e renderlo partecipe anziché antagonista. E’ giusto bloccare l’accesso al web e ai social network in azienda, se non avete intenzione di partecipare alla conversazione nei prossimi dieci anni – oppure se preferite spendere più avanti cento volte il costo del tempo utilizzato in rete dai vostri dipendenti in formatori e consulenti, che gli insegneranno ciò che avrebbero potuto imparare da soli. Ecco… il resto leggetevelo.

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“Basta così, grazie!”

Ho ricevuto un messaggio su Facebook da Alex Badalic in cui si sfogava del fatto che non ne può più della quantità esagerata di suggerimenti di amici, richieste di adesione a cause, inviti a gruppi… “BASTA COSI’, Grazie” Recitava l’oggetto del messaggio. Un po’ lo capisco. Al crescere del numero di contatti le richieste diventano infinite e gestirle richiede tempo. E’ spam, a tutti gli effetti. Tuttavia è anche vero che, nel momento che si accetta un contatto, ci si apre a questo rischio. Qualche mese fa, una mia amica mi pregò di evitare di inviargli messaggi da un gruppo. E io la accontentai. Lei addirittura si disicrisse dal gruppo per un periodo. Poi rientrò ma la lezione servì. Il rischio di un social network così esteso è proprio quello di lasciarsi prendere la mano nell’invio di tutte le “stupidaggini del caso”.  Chiaro che se questi messaggi e richieste ti vengono da persone conosciute, hanno un impatto, se ti arrivano da sconosciuti che hai linkato ma di cui non hai alba, è un altro paio di maniche. Nella lunga diatriba “meglio la quantità o la qualità?“, direi che preferisco la seconda. E dovrebbe essere un aspetto da tenere bene in considerazione anche quando si attivano iniziative di marketing che usano i Social Network.  Sorrido al pensiero che molte aziende considerino Facebook ed i Social Network in genere come community su cui veicolare messaggi pubblicitari. Molti non si rendono conto che in realtà stanno proponendo una brand experience. E se non si sta attenti può essere deleterio.

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