La Fantascienza (in tutte le sue declinazioni, dalla letteratura al cinema) è sempre stato un modo per esorcizzare le paure ed i problemi sociali. Nella serie classica di Star Trek, ad esempio, si poneva la questione dell’integrazione sociale. Sull’Enterprise c’erano una afro-americana, un cinese, un russo, uno scozzese ed il bacio tra James T. Kirk e Uhura creò non poche polemiche allora. Non solo, la lotta con i Klingon era la rappresentazione della guerra fredda tra USA e URSS, così come molti episodi erano l’espediente per parlare di problemi come l’alcolismo, la droga, la corruzione politica. Nelle rappresentazioni contemporanee, Il Potere Politico e le Lobby economiche sono il nuovo nemico il cui obiettivo è conservare lo status quo attraverso uno stretto controllo sociale. Nell’era del mondo connesso, la Privacy viene ufficialmente sacrificata per garantire la sicurezza sociale. Ma questo è solo lo specchietto per le allodole. In realtà, il vero obiettivo è quello di mantenere il controllo ed evitare rivolte sociali che porterebbero a una destabilizzazione del potere. Le produzioni non main-stream stanno ponendo un’ampia attenzione a questo aspetto. Corti, tra Privacy e Controllo PLURALITY – In un futuro prossimo, New York è attraversata da un social network automatizzato in cui tutte le attività (apertura dell’auto, pagamenti, assistenza sanitaria, locazione) sono associati al proprio DNA. SIGHT è un progetto di laurea dell’Accademia delle Arti di Bezaleal. Immagina un mondo in cui applicazioni ispirate a Google Glass, che nella rappresentazione diventano lenti a contatto, sono ovunque. Evidenzia a pieno il rischio di una invasione della rete nelle relazioni interpersonali. MEMORIZE – Nel 2027 ogni persona ha impiantato un chip di memorizzazione in grado di registrare qualsiasi cosa si veda e viene utilizzato dalla polizia per combattere il crimine. POSTHUMAN – Ambientato in un futuro di spionaggio, assassini e di scienza avanzata fuori controllo, il film segue un hacker ed il suo cane mentre aiutano una misteriosa donna a liberare l’ultima cavia di un laboratorio di test ESP.
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Approaching to the web, you have to know that no policy can assure your privacy. Creating and managing a digital ID requires to keep it in mind. You’re the first defender of your life. Some safe behaviours include: to look carefully at service policy when you sign up a new account; to install only certified and sure application. If they are for free, take a look to the agreement; to share only what is not so private; to limit the use of credit card. Prefer Paypal or a pre-payed card.
Leave a CommentPer la privacy, mi pongo come avvocato diffensore di Zuk. Non sto parlando della cessione dei dati personali a terze parti – giustissima e da regolare – ma della gestione della “privacy” verso gli “amici” in rete. Che più di questione di privacy è una questione di netiquette, termine ormai passato nel dimenticatoio. Mi pare di percepire – forse mi sbaglio – che la principale preoccupazione degli utenti di facebook sia non far vedere certe cose ad alcuni, ed altre ad altri (perdonate il gioco di parole). Personalmente: se non voglio che qualcuno legga quello che posto, non accetto il contatto, non lo aggiungo tra gli amici. Se lo accetto – per tutti i motivi che posso avere – non vedo perchè debba nascodergli alcune cose. Per carità, poi ciascuno è liberissimo di farlo. Personalmente lo trovo un atteggiamento ipocrita e un tantino opportunista. FB, come tutti i network, andrebbero gestiti come la vita reale: daresti a chiunque il tuo numero di cell.? Racconteresti a tutti i tuoi fatti personali? Accetteresti caramelle dagli sconosciuti?
Leave a CommentPer un lungo periodo si è discusso in rete sulla Privacy e la tutela delle informazioni personali. Mark Zuckeberg, il creatore di Facebook, sostiene che la privacy non interessa più gli utenti. Altri si fanno paladini sulla tutela delle informazioni personali, sostenendo – a ragion veduta – che andrebbero messi in piedi dei controlli più serrati sull’utilizzo delle informazioni personali da parte di network, siti, ecc. Se da un lato un effettivo rischio di un utilizzo in malafede dei dati è possibile e deve essere preso in considerazione, dall’altro ritengo sia necessaria la consapevolezza dello strumento che si utilizza. Se si considera oggi la rete come una realtà aumentata, ovvero un estensione della vita quotidiana attraverso sistemi e applicazioni che permettono di “aumentare” l’esperienza, è chiaro che le logiche di approccio devono essere le medesime di quelle utilizzate nella “realtà base” essendo costantemente consapevoli delle opportunità e dei rischi a cui si va incontro. Si passa, quindi, da una logica normativa ad una questione etica sulla Privacy che deve necessariamente diventare una modalità di comportamento. Estremizzando: se non do al primo che incontro il mio numero di cellulare o il mio indirizzo di casa, la stessa regola deve valere in rete. Per quanto riguarda chi gestisce le informazioni ed i dati personali, la questione cambia punto di vista. Facebook, LinkedIN e innumerevoli network hanno alle spalle società che sostengono costi e devono generare ricavi. Se offrono servizi “gratuiti” è chiaro che in qualche modo essi debbano generare ricavi per rendere il loro modello profittevole e sostenibile. Le opzioni sono: vendere banner pubblicitari; vendere dati di profilazione utenti; proporre pubblicità targetizzata sulla base dei dati raccolti. Se si vuole avere un servizio gratuito – così come ci hanno abituato – si devono accettare queste condizioni. A questo punto le opzioni rimanenti sono: o pago una fee di utilizzo – e prentendo quindi la riservatezza dei miei dati – o accetto che i miei dati vengano trattati in cambio di un servizio gratuito. Sicuramente è “populista” e poco praticabile il pretendere la gratuità e il non utilizzo delle informazioni personali. Alla fin fine va bene a tutti avere una fidelity card per ottenere sconti nel negozio preferito? Eppure lì sono ancora più invadenti, perché tracciano tutti i vostri comportamenti di consumo. Se si accetta questo nella “realtà base”, perché non in quella aumentata?
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