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Tag: Social Media

Social Media e B2B, luci e ombre

Attenzione, vi svelo un segreto: i social media si basano sulle persone! (che scoperta, eh?). Ve ne svelo (anzi vi ripeto quello che ho detto prima qui e poi qui) un altro: anche il B2B si basa sulla relazione tra le persone. Quindi condivido quanto dice Dirk Shaw su Social Media Today: “The phrase B2b has always puzzled me; it implies that two businesses or logos are conducting a transaction. When in reality it is people who are making the decision.” Gira e rigira la questione rimane sempre la stessa: è la relazione che conta. E se il Consumer riesce a sfruttare il social media per creare una relazione con migliaia/milioni di persone, perché non potrebbe sfruttarlo il B2B che dalla sua ha il vantaggio di avere un numero più contenuto di contatti? Come è sottolineato da PR-SQUARED è una questione di mentalità: “Arguments against tapping Social Media in B2B circles range from “we already know all of our customers” to “we have a very technical, specialized product” to “our customers are very conventional,” etc.” Cambia la lingua, ma gli argomenti sono quelli che si sentono quotidianamente. Tuttavia, è confortante leggere l’indagine di Forrester Research sui Buyer B2B. Alcune evidenze emerse dalla ricerca: 91% of these technology decision-makers were Spectators — the highest number I’ve ever seen in a Social Technographics Profile. This means you can count on the fact that your buyers are reading blogs, watching user generated video, and participating in other social media. Note that 69% of them said they were using this technology for business purposes. Only 5% are non-participants (Inactives). 55% of these decision-makers were in social networks (Joiners) — despite as mature businesspeople and not college students, you’d think they’d be participating a lot less. 43% are creating media (blogs, uploading videos or articles, etc.) and 58% are Critics, reacting to content they see in social formats. Again the numbers are very high compared to other groups we’ve surveyed, and again the level of participation for business purposes is also very high. Chiaro è che non si deve farsi prendere da facili entusiasmi. Come evidenziato nell’articolo di Reid Carr, una strategia sui social media ha senso se il nostro target è on-line.

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Oltre la cortina

Oltre la cortina di fumo che circola sulla “filosofia” dei social network. Circola in rete da qualche giorno questa citazione di Chris Anderson. Che dire, iniziamo a diradare la nebbia? Social media, doesn’t exist for a shared purpose. It exists to serve the individual. We don’t tweet to built Twitter, we tweet to suit ourselves. We blog because we can, not because we have signed on to a blogging project (Chris Anderson)

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Chi sta parlando di me?

  Radian6 è una agenzia dedita al monitoraggio e all’analisi della Reputazione on-line. All’interno del loro sito ho trovato molto interessante la descrizione per punti che viene data ai social media, di cui riporto i titoli: Social media is game changing Social media is not a closed system Social media is not just another media Social media is transparent Social media is more than blogs Social media is decentralized and real-time Social media is measurable Se qualcuno dice che i Social Media non sono altro che un altro dei canali per fare marketing, vi sta rubando i soldi. Ancor prima di parlare, è strategico porsi in ascolto. Forse mai come oggi è così vera l’espressione: “Il comunicatore migliore è quello che più sa ascoltare”. La dencetralizzazione e la propagazione delle notizie rende impossibile controllare in senso classico la comunicazione dell’azienda. L’unico modo è quello di creare le condizioni affinché il brand abbia un’ottima reputazione. Per farlo, tuttavia, non sono sufficienti le pubbliche relazioni. La reputazione, oggi più di ieri, è un processo che investe tutta l’organizzazione aziendale: dalla produzione, alla commercializzazione, al post-vendita ma anche, e soprattutto, la soddisfazione dei dipendenti. Se solo uno di questi fattori viene meno, la reputazione è facilmente compromessa ed il rischio aumenta all’aumentare delle dimensioni dell’impresa. Se poi si considera che la rete è ormai la prima fonte di informazione e che ha portato su scala globale il vecchio “consiglio dell’amico”, è chiaro che non potendo controllare milioni di utenti è molto meno costoso organizzare l’azienda affinché la sua credibilità sia salvaguardata dagli stessi utenti. Rimane comunque una rivoluzione copernicana, talmente profonda e radicale che spesso, anche i governi, preferiscono rendere inaccessibili i network piuttosto che farsi un bell’esame di coscienza.

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