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Tag: Social Network

Social network e social nimby

Esiste la solitudine e l’incapacità di relazione, di aprirsi e di instaurare rapporti. No, non lo dico solo io, ma almeno una decina di persone che ho incontrato questa settimana e con cui ho approfondito la questione. Ognuno di essi si lamentava della fatica di costruire amicizie, di parlare con qualcuno senza ottenere come risposta – nella migliore delle ipotesi – uno sguardo di diffidenza. Tutti a rilevare che le relazioni sociali si basano sulla presentazione da parte di qualcuno già inserito in quel gruppo e che è quasi impossibile creare conoscenze da soli. Nei confronti, inoltre, emergeva che mediamente tutti si sentono appartenenti ad una minoranza distinta dalla massa: se fosse per loro il mondo andrebbe in modo diverso. Tuttavia, se tutti quelli con cui ho parlato – io compreso – osservano questi comportamenti come negativi, com’è possibile che non si sia ancora scatenato il motore di cambiamento? La risposta che mi sono dato è perchè mediamente ci si aspetta che sia l’altro a iniziare. Esiste un retaggio culturale per cui se sei tu a cercare qualcuno, sei quello debole perchè hai bisogno. Un po’ come con i cellulari. Nessuno chiama, tutti aspettano di essere chiamati. Ma se nessuno chiama, come fai ad essere chiamato? E’ lo stesso principio del NIMBY ma a livello sociale: il social NIMBY. Tutti hanno dei bisogni sociali ma nessuno se ne vuole prendere carico, nemmeno per se stessi. La cresicita dei Social Network sono un effetto dell’intolleranza all’isolazionismo e all’individualismo. Essi, così come le chat degli anni 90, permettono di creare una “relazione” senza mettersi in gioco direttamente. Un ambiente in cui, anche se mi espongo, non ne ho un impatto sociale diretto per cui un eventuale rifiuto potrebbe crearmi un danno. Un luogo in cui, nel caso mi stancassi, posso semplicemente cancellare il contatto e non ho più responsabilità nei confronti dell’altro. E’ una questione, per dirla alla Bauman, di rendere liquido il processo sociale, di socializzare a consumo. Tuttavia gli stessi social network sono lo strumento per abbattere il social nimby. La richiesta di “amicizia” in facebook è “anonima”. Nessuno, a parte la persona a cui l’hai chiesta, sa che sei stato tu a fare il primo passo. Alla fine nel tuo news feed risulterà solamente che “Pippo is now friend with Pluto“.  Di conseguenza la tua dignità è salvaguardata. Una volta instaurato il contatto, è giustificata la trasposizione nella vita reale, che dovrà però nascondere il fatto di essersi conosciuti attraverso internet (che comunque fa molto sfigato, eh!) Sono curioso di avere la vostra opinione. Esiste una difficoltà di relazionarsi per motivi di status symbol? esiste una chiusura alle relazioni dirette? Preferite essere promotori della relazione o utenti? Mi raccomando… solo risposte “oneste” 🙂

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Facebook e social network prossimi al declino?

Come per qualsiasi fenomeno, anche i social media subiscono la legge del “Ciclo di Vita”. Per chi non è un addetto ai lavori, il ciclo di vita di un prodotto è regolato dalle fasi di “introduzione”, crescita, maturità e declino. Fa parte delle regole “naturali” dell’economia. E anche i social media, come altri trend che abbiamo visto passare negli anni seguirà la stessa dinamica. Secondo questa interessante analisi fatta da Riccardo Campaci sui social network, pare che in Italia solo Facebook e Twitter stiano avendo una crescita. Osservando la curva di FB tuttavia si nota come sembra essere entrato in una fase di maturità, dove il tasso di accessi si sta “appiattendo”. E’ vero anche che il periodo di riferimento è di un anno, ma è altrettanto vero che nel 2008 si registra un picco di accessi che, successivamente, tende a stabilizzarsi e a non ripetersi in modo significativo. A quanto si legge sul New York Times, negli Stati Uniti il fenomeno Facebook pare avere superato addirittura la fase della maturità per avviarsi a quella del declino. L’articolo non riporta dati statistici precisi, ma il risultato di un sondaggio fatto da Virginia Hefferman (l’autrice del pezzo) sui suoi amici: molti stanno abbandonando Facebook. I motivi sono innumerevoli: dalla privacy, al sovraccarico di informazioni, alle complicazioni nella vita reale. E’ un fenomeno che ho iniziato a rilevare personalmente, parlando con alcuni amici che hanno chiuso il proprio account: uno perché “costretto” dalla fidanzata gelosa dei suoi contatti; un altro perché ha scoperto di essere monitorato dal proprio capo; un altro perché si è accorto di passare più tempo a cancellare alert e rifiutare inviti di quanto non lo utilizzasse per aggiornare il proprio profilo. E voi che intenzioni avete nel prossimo futuro?

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COMUNICARE IL 2.0

Dire che il web 2.0 è una rivoluzione è un falso e antieconomico. Parlare di 2.0 come evoluzione, aggiornamento tecnologico e non rivoluzione, significa inquadrare nei giusti limiti il fenomeno e agevolarne la diffusione nelle imprese. Se le parole hanno ancora una valenza (e a mio avviso ce l’hanno), la cosiddetta rivoluzione del 2.0 è una bufala di dimensioni galattiche. Ho avuto già modo di introdurre l’argomento e di essere accusato di eresia dai network-taliban. Resto tuttavia convinto che nell’avvento del 2.0 si registri SOLO un upgrade di natura tecnologica e non una reale rivoluzione, come spesso si tende a sottolineare. Partiamo dalla definizione di web 2.0 diffusa attraverso Wikipedia (Inglese): “Web 2.0” refers to the second generation of web development and web design that facilitates information sharing, interoperability, user-centered design[1] and collaboration on the World Wide Web. The advent of Web 2.0 led to the development and evolution of web-based communities, hosted services, and web applications. Examples include social-networking sites, video-sharing sites, wikis, blogs, mashups and folksonomies.” Nella prima parte si parla di una “seconda generazione” di applicazioni web che facilitano la condivisione di informazioni, l’interoperabilità., la collaborazione sul Web. Io ho iniziato ad utilizzare la rete a fine degli anni 80 con il mio vecchio Commodore64 collegato ad un Adattatore Telematico (modem) , collegandomi a Videotel e BBS. Già allora esistevano le community, già allora si scambiavano informazioni. L’interfaccia, certo, era a caratteri, gli strumenti limitati, la diffusione della rete non era massiva e limitata ad un nucleo ristretto di utenti, ma la collaborazione esisteva. Negli anni successivi arrivò il Gopher e poi l’http e la possibilità di creare pagine web. La creazione richiedeva la conoscenza dell’HTML e competenze tecniche. Già a metà degli anni 90, molti host rendevano disponibili script in Perl per la gestione dei Forum e Javascript per l’aggiornamento delle news sul sito nonché le “bacheche” dei visitatori (preludio allo user-generated-content). La tecnologia era quella che era e richiedeva delle competenze sicuramente non alla portata di tutti. L’evoluzione tecnologica ha permesso, prima con strumenti WYSWYG e poi con applicativi web based di facilitare la pubblicazione di contenuti e questo ha dato una spinta all’accesso. Ma è una questione meramente tecnologica The term is now closely associated with Tim O’Reilly because of the O’Reilly Media Web 2.0 conference in 2004.[2][3] Although the term suggests a new version of the World Wide Web, it does not refer to an update to any technical specifications, but rather to cumulative changes in the ways software developers and end-users use the Web. Whether Web 2.0 is qualitatively different from prior web technologies has been challenged by World Wide Web inventor Tim Berners-Lee who called the term a “piece of jargon”[4].”…

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PR, B2B E SOCIAL MEDIA

Ho condiviso anche su FriendFeed l’interessante post di Wendy Marx su B2BMMarketingPosse. Si inserisce bene nella discussione di come i social media possono essere applicati alla comunicazione B2B. Chiaramente ogni strumento ha le proprie regole, quindi il lavoro del PR che intende utilizzarli aumenta in modo esponenziale a seconda della quantità e del tipo di social media utilizzato. Quindi, come evidenzia Wendy riassumendo il post di Sherik, un comunicato stampa deve: Essere ottimizzato per i motori di ricerca – (si, mi piace!) That means having a headline and keywords (typically three is recommended) sprinkled within your release. It means having a short headline that will be visible within the 65 characters Google displays. It means having hyperlinks and a call to action. Your call to action can be a special offer or the opportunity to get a new article or white paper or book chapter. Ideally, you’ll have a landing page connected to your call to action making it easy for someone to get to and easy for you to track your results. Deve avere una versione per i social media – (si, anche questo…) We find a good way to do this is to use PitchEngine, which not only lets you quickly create a social media release but lets you propagate your release online via sites like Delicious and Stumble Upon. This makes it easy for others both to find and share your release. Onestamente non conoscevo PitchEngine, ovvero un servizio per gestire i social media come press target ed avere un’agenzia che si occupa di raccogliere e diffondere i comunicati. Comunicati che, ovviamente, non sono nel formato classico ma studiati per essere indicizzati e richiamare l’attenzione del “lettore”. Ad ogni medium il proprio messaggio – (verissimo, ma…) E’ chiaro come su Twitter ci siano dei limiti “fisici” di lunghezza (i famosi 140 caratteri) e che necessariamente non si potrà inviare un comunicato classico. Il Tweet, quindi, dovrà avere un titolo conciso e di richiamo e, grazie a TinyUrl o altri, si dovrà inserire il link all’approfondimento. In relazione a Linkedin, pare che Sherik suggerisca di andare a pubblicare i comunicati nei principali gruppi B2B. Io personalmente ritengo che sui social network sia praticabile solo in parte la mera diffusione dei comunicati. Se da utente posso tollerare, anche se poco, un Tweet o un post su Friendfeed, andrei cauto nell’inserimento di un SMR su una news di un gruppo. Un social network è un momento di condivisione, di confronto, di scambio di idee. Postare un comunicato così “a ciel sereno” da utente lo troverei invadente, fuori luogo e, soprattutto, mass-mediatico. La soluzione per cui opterei, piuttosto, è l’apertura di una discussione su un argomento (coerente al gruppo), coinvolgere i partecipanti…

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Oltre la cortina

Oltre la cortina di fumo che circola sulla “filosofia” dei social network. Circola in rete da qualche giorno questa citazione di Chris Anderson. Che dire, iniziamo a diradare la nebbia? Social media, doesn’t exist for a shared purpose. It exists to serve the individual. We don’t tweet to built Twitter, we tweet to suit ourselves. We blog because we can, not because we have signed on to a blogging project (Chris Anderson)

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