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Tag: TV

La rivoluzione della comunicazione

Non dovrebbe stupire il rapporto “Comunicare Domani” di AssoComunicazione presentato ieri a Milano. I dati a colpo d’occhio vedono consolidarsi (al di là della congiuntura economica) il crollo dei media tradizionali (TV, RADIO, STAMPA) a favore dei media digitali e delle forme di comunicazione relazionale (Eventi, Pubbliche relazioni). L’advertising classico è morto (anche quello WEB, anche se per ora i dati dicono il contrario) ed i motivi sono quelli lamentati da tutte le imprese: impossibilità di monitorare il ROI, l’esigenza di pianificare a medio lungo anche per il brand awareness e i conseguenti investimenti richiesti, nonché i costi di creatività che tutti tendono a mettere in secondo piano e che, per essere efficaci nella comunicazione, non possono essere una tantum. Quanto emerge dal rapporto non è solo il frutto di una crisi congiunturale, che sicuramente sta accelerando il processo. E’ la crescente consapevolezza da parte dell’impresa di voler raggiungere direttamente il proprio target, conoscerlo per nome e cognome e di agganciarlo in tempi rapidi. In sintesi: di monetizzare gli investimenti nel breve. Infatti le pubbliche relazioni crescono del 2,4%; gli eventi del 3,8%; il mobile advertising dell’8%; il search engine addirittura del 12%; l’email marketing del 4%. Il Direct Marketing, invece registra uno 0%. Il D.M. rimane invariato perché, così come l’advertising tradizionale, è sovrautilizzato ed il target ne è sovraesposto. Chi non è del mestiere difficilmente si ferma a leggersi i depliant o le offerte che a tonnellate riempiono la cassetta delle lettere. Se non sbaglio, inoltre, il ROI del D.M. si attesta attorno all’1%, quindi figuriamoci l’economicità dell’iniziativa. I media digitali oltre ad avere dei costi di produzione mediamente inferiori (ma NON ZERO) rispetto ai tradizionali, hanno dalla loro la misurazione, la targetizzazione e la possibilità di entrare direttamente in contatto con il potenziale cliente. Anche l’email marketing (IMHO) a breve vedrà la propria fine, a meno che effettivamente non cambi nell’approccio abbandonando l’approccio “volantino” e l’email torni ad essere uno strumento di relazione.

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Tutti pazzi per Facebook

Computerworld Italia è forse una delle testate più note del mondo business IT. Bene, anche loro hanno deciso di aprirsi a Facebook con una Fan Page . Cita l’occhiello dell’articolo: “Aperta una pagina sul popolare social network con aggiornamenti in tempo reale dei principali contenuti giornalistici del nostro sito. Possibile naturalmente diventarne fa”  Premesso che non l’ho ancora visto (ahimè le policy aziendali), già il lancio mi lascia perplesso. La caratteristica dei social network è l’intareazione tra i partecipanti. Qui invece si parla sempre di una fonte che aggiorna una pagina che qualcuno consulta. Ha un senso, in questo modo, essere presenti su Facebook? Non era forse meglio aprire un blog, se questo è l’obiettivo? Dove sta l’interazione e la partecipazione?  Facebook, così come altre mille ‘novità’ prima di lui, è considerata l’isola del tesoro. Non puoi non esserci. Mi chiedo se effettivamente sia così. I social network innanzitutto sono fatti di persone e il loro fine è di mettere in relazione le persone. Quindi mi chiedo, ha un senso presentarsi come azienda per accreditare un brand? Credo che abbia un senso solo nel momento in cui il brand è già affermato e, quindi, Facebook diventa una community. Ma allo stesso tempo non può limitarsi a essere una community passiva, dove esiste una fonte e una serie di destinatari. Deve essere impostata come community attiva attraverso cui il brand entra in contatto con il ‘cliente’ e assieme a quest’ultimo genera contenuti o prodotti. Allora, sì, ha un senso. Purtroppo come tantissime altre tecnologie (Second Life docet) si parte dal presupposto che se esiste la tecnologia, bisogna sfruttarla a tutti i costi. Niente di più sbagliato. Ogni piattaforma va utilizzata per quello che è stata creata: inutile diramare uno spot realizzato per la tv nazionale su una radio locale. Sia il target sia i codici di comunicazione sono sbagliati.  A proposito di tassonomie: facebook-marketing mi mancava ancora.

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