Il social networking piace al pubblico e quindi, come è naturale che sia, le aziende si buttano nello sviluppo di piattaforme alla ricerca di una fetta di mercato. Il risultato è che ci sono quasi più strumenti si socializzazione, di quanti sono gli utenti. Luca De Biase solleva un problema non indifferente per chi li utilizza come utente, ma indubbiamente impattante anche per le imprese: l’attenzione, richiesta sia per imparare l’utilizzo dello strumento, sia per unire e le informazioni provenienti da più fonti. Il secondo aspetto è molto delicato, specie per chi utilizza lo strumento al fine di comunicazione: all’aumentare del numero di canali e di fonti che li utilizzano, aumenta il rischio che il messaggio diventi rumore e non arrivi a destinazione. Ecco che nella guerra del social networking vincerà la piattaforma che: riuscirà ad integrare al meglio le sole-apps in un unico cruscotto affinerà la ricerca semantica dei contenuti organizzerà i contenuti non per persona ma per tema (tweeter lo fa bene con gli hashtag) Uno dei problemi che ancora rilevo sulle piattaforme è proprio questo: l’organizzazione della discussione per persona e non per argomento. Ma che discussione è se si incentra sul mittente e non sul contenuto?
Leave a CommentMonth: February 2010
Eraclito lo aveva capito qualche “giorno” fa. Tutto scorre, tutto è in cambiamento e, come direbbe Bauman, chi si ferma è perduto. Il brand è sempre stato considerato quell’elemento del marketing che doveva dare sicurezza e stabilità. L’affiliazione al marchio, per molto tempo, è stato l’unico elemento di certezza in un contesto sociale altamente mutevole e questa sua caratteristica è alla base del successo di molte realtà aziendali. Nella cultura dell’usa e getta, questa certezza è minata. La fidelizzazione del cliente al marchio è diventata un mito, tanto che le politiche di customer retention si configurano quasi sempre come sequestro di persona. Provate a guardare il vostro contratto di telefonia mobile alla voce “Recesso anticipato”: chiunque troverà più conveniente attendere la naturale scadenza, piuttosto di recedere anticipatamente. Un tempo esistevano i brand globali. Oggi, non più o sempre meno. Forse Pepsi e Coca-cola sono marchi ancora globali. Già McDonald è un marchio glocale. Un brand a cui vengono associati prodotti studiati per ciascun mercato di riferimento: un tempo McDonald basava la propria strategia sul fatto che, in qualunque parte del mondo fossi, avresti mangiato lo stesso prodotto. Oggi, mantenendo una parte di offerta globale (solo nel marchio di prodotto e non negli ingredienti), il marchio aggiunge valori locali associati alla cucina tipica del territorio. I Brand diventano anch’essi liquidi. Mutano al mutare del contesto sociale. Si differenziano sulla base dei cambiamenti. Il loro veicolo è il prodotto. E’ il prodotto che dà valore al brand e non più viceversa. E’ stato il successo di iPod prima e di iPhone poi ad allargare il mercato di Apple e a sdoganarlo dalla nicchia che si era costruito consentendogli – grazie ad una politica di prodotto differente – di guadagnare posizioni anche nel segmento PC, monopolio del duo Intel – Microsoft. Il Brand Liquido, quindi, è il brand che si riconfigura attraverso un’offerta anch’essa mutevole ed in continuo adattamento rispetto al contesto sociale. Ed è un discorso valido sia nel segmento consumer sia in quello business…
3 CommentsNon ho ben chiaro se sia un fenomeno isolato, un esperimento o una tendenza in atto. Sto notando che le campagne di direct marketing di imprese business to business stanno virando giorno per giorno verso un approccio consumer (lo auspico da anni: 1, 2, 3) che non si limita solo ad una personalizzazione delle email (ancora poco diffusa) ma che esprime le vere e proprie caratteristiche delle campagne promozionali a cui ci hanno abituato operatori di telefonia ed il commercio al dettaglio: sconti a scadenza: se acquisti entro il 31/12 ti applicheremo uno sconto del 50% omaggi: se fai una spesa di almeno XX mila euro, avrai in regalo un Cofanetto Vacanza Boscolo Già IBM aveva iniziato ad abituarci all’emotional marketing sulla linea di PC ed il target era chiaramente di natura Business. Così come anche Accenture e Microsoft, qualche anno fa, avevano ideato campagne pubblicitarie non orientate al mondo consumer. Ma erano operazioni di branding. Qui, invece, parliamo di impostare campagne commerciali business in chiave consumer, dove la call-for-action è esplicitamente rivolta alla persona e non all’azienda. Un appunto che posso fare è che il messaggio è ancora molto poco “emozionale”, tuttavia sembra che la strada al marketing Business-to-BusinessConsumer sia segnata.
Leave a CommentE’ lunedì, sono le 10.00 del mattino. Squilla il telefono. E’ il centralino: “Simone, c’è il signor Tal dei Tali della RompiZebedei che chiede di te”. Prendo la telefonata: “Signor Favaro, buongiorno sono Tal dei Tali della RompiZebedei Srl. La chiamo in relazione all’email [quale? NdR] che le ho inviato la settimana scorsa” E’ solo la prima delle innumerevoli telefonate che mi invadono la giornata (e la settimana) e che ho ho iniziato ad ignorare, non per essere snob, ma perché non è possibile rispondere ad almeno 10 telefonate al giorno della durata media di 5 minuti per sentirmi prendere per i fondelli sul nulla. Se non si può fare a meno del telemarketing (che io abolirei per legge) almeno fate attenzione ad alcune piccole accortezze di buon senso: 1) evita la chiamata diretta al numero di interno. A meno che non sia il sottoscritto ad autorizzare, pretendo che il telemarketer mi contatti via centralino e dica sempre il motivo della chiamata 2) evita di essere insistente. Se non rispondo una prima volta perché impegnato, capisco un secondo tentativo a distanza di almeno 4 ore. Le chiamate ripetute a distanza di 10 minuti non le tollero, sego il fornitore e non ti risponderò nemmeno se fossi l’ultimo uomo sulla terra. 3) fatti riconoscere dal numero. Se mi chiami al diretto (e già questo mi da fastidio) e lo fai da numero privato/nascosto, non rispondo al telefono. Non mi importa niente se è l’azienda che lo nasconde. Non è un problema mio. Tu sai chi stai chiamando, io voglio sapere chi mi chiama. 4) rispetta quello che ti viene detto. Se ti viene detto “le faremo sapere noi qualora fossimo interessati”, è inutile riprovare o insistere. E’ un chiaro messaggio che al momento chi ti parla non può o non vuole risponderti o prenderti in considerazione. 5) se te lo chiedo, lasciami stare. se un utente ti chiede esplicitamente di non essere disturbato e di essere cancellato dalle liste, segna la richiesta e non contattarlo mai più. Esiste una legge (196/03) e va rispettata. 6) sii trasparente. Voi state vendendo, non mi state facendo un favore e non mi regalate niente. Quindi evitate di dirmi che sono importante, che volete proprio me tra i vostri clienti. State facendo i PIAZZISTI, quindi so benissimo che appena mettete giù direte le stesse mielosità a qualcun altro. 7) fai proposte mirate. Inutile dire che fate di tutto e di più. Non ho il tempo e nemmeno la voglia di ascoltarvi. Se mi chiamate ditemi precisamente per cosa e quanto mi costa. E se vi dico di no fate un give up. Se mi proponete altro non siete più credibili ai miei occhi. 8) le…
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