E’ probabilmente il sogno di Google, la sintesi di anni di lavoro sulla organizzazione delle informazioni in rete, sulla creazione di applicazioni basate sulla rete, di integrazioni e di servizi in rete. Chromebook è, a quanto pare, tutto questo. L’aspetto di PC ed il cuore di Internet. Sarà vincente o un flop? Rispetto a quando fu proposto negli anni 90 il Network Computer le condizioni sono cambiate. Internet è diventato uno strumento di massa, la banda è aumentata (meno del previsto, ma è aumentata), la cultura di rete (almeno a livello mondiale) è maturata, i costi dell’hardware sono drasticamente diminuiti. Se si pensa a Chromebook come un prodotto per il segmento consumer, in particolare in Italia, probabilmente è destinato a fallire nel breve periodo. Altro è se si vede il prodotto all’interno di sistemi azienda, dove tral’altro proprio Google ha una offerta specifica (GoogleApps). In questo secondo scenario, tutto quadrerebbe: bassi costi hardware (sembra che il prezzo sarà al massimo di 500$ – poco più di 300 euro) minori costi software (con aggiornamenti automatici dal Chrome Web Store) centralizzazione dei documenti su server (finita l’era delle copie locali che fanno disperdere informazioni in azienda) maggiore controllo sulle applicazioni installate Nel primo scenario – prodotto per il segmento consumer – i vantaggi sono meno forti. Se infatti nel mondo business posso prevedere la presenza di una rete aziendale “Chrome Based” e quindi con una maggiore stabilità di connessione e prestazioni più alte, nel segmento consumer, dove debbo per forza utilizzare il sistema cloud di Google, le cose si complicano un po’ e, quindi, ha ragione Gigi Cogo quando dice Già mi vedo gli utenti tirar giù le madonne dal cielo ogni volta che, grazie all’efficiente disponibilità di connettività on-the-air, l’aggiornamento del documento o dell’applicazione, resteranno nel limbo e sospesi nella terra di nessuno
Leave a CommentMonth: May 2011
E’ l’urlo dei Turchi che domani scenderanno in piazza contro la legge-censura che entrà in vigore il 22 Agosto e che li constringerà a scegliere tra 4 profili di accesso: Standard, Family, Children, Domestic. Il movimento si è organizzato su Facebook, è distribuito e diffuso.
Leave a CommentUltimamente guardo con sospspetto la geolocalizzazione dei contenuti. Specie da quando Google da qualche giorno ha deciso arbitrariamente di filtrarmi gli alert proponendomi solo contenuti in lingua Italiana e provenienti dall’Italia. Se dal punto di vista dell’impresa è un sicuro vantaggio per migliorare la user experience, possiamo dire che sia veramente utile per l’utente? Ma soprattutto: chi ci assicura che, in particolare i motori di ricerca, ci diano effettivamente i contenuti rilevanti? Può la geolocalizzazione essere utilizzata per filtrare l’informazione?
2 CommentsDomenica 15 Maggio la Turchia scende in piazza contro la Censura alla Rete. La protesta, che in queste ore si sta organizzando su Facebook, nasce come opposizione alla legge emanata lo scorso febbraio dal BTK (Commissione per l’Information Tecnology del Primo Ministro) che entrerà in vigore il prossimo 22 Agosto. L’intento ufficiale della legge è di salvaguardare gli utenti da siti collegati al terrorismo e alla pornografia / pedofilia. Il testo prevede, infatti, che i cittadini dovranno scegliere tra 4 profili di accesso alla rete: Standard, Family, Children, Domestic (solo siti turchi). Nonostante l’assicurazione da parte del presidente del BTK che l’accesso con filtro Standard avrà restrizioni quasi nulle, il problema principale evidenziato è la trasparenza sulla lista dei siti “proibiti” nei vari filtri che oggi non è nota e, pare, rimarrà vincolata al “segreto”. EUROPA: UNO SHENGHEN PER LA RETE Mentre faccio ricerche per questo post, attraverso OpenNet Initiative vengo a conoscenza che lo scorso Febbraio, durante un meeting chiuso il LEWP (che fa capo al Consiglio dell’Unione Euriopea) ha discusso il piano “Secure European Cyberspace“, il cui intento è filtrare i contenuti illeciti, apportando le stesse motivazioni di base della Turchia e della Cina ovvero “la tutela” dei cittadini, anche se dall’incontro non è emersa alcuna definizione di “contenuto illecito”). “The Internet is a public place, like a public square, the TV or radio, and should be subject to norms and regulations and not become a free-for-all” [Ivan Koedjikov, head of the Department of Information Society and Action against Crime at the Council of Europe] – Fonte: Deutsche Welle Il filtro di internet è già applicato in Europa da paesi come Olanda, Norvegia, Filandia e Danimarca dove sono bloccati alcune tipologie tra cui i siti pedo-pornografici e di file sharing. Su Google gli articoli usciti relativi al “Secure European Cyberspace”
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