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Tag: Internet

We are Italians, they don’t

I want to apologize you, World, for the drama/comedy you have been seing  since last 20 years from Italy. Sure, you could use what you’ve been seing to produce tons of fictions with a lot of new italian cliché but probably you’ll be forced to pay for the rights and for on-line distribution, if you want to distrubute it to the italian market, you’ll probably and rightly choose to not supply the italian market with this new contents. So we’ll never know it and Italians shall continue to perceive themself as the best population in the world. When I say Italians, I don’t mean the wide population. There’s a part of them having a “limited strategic view” and working hard to try to improve the cultural and economic environment, feeling and knowing that actually Italy is a part of a most enlarged world and it can still have a key role in this networked-map. They are those “conservatives” and “foreign lovers” thinking that a WebTax is a way to kill the digital business, that the incentive to the pressed publishing but not to the digital one will reduce the markets only to the big publishers. Pay attention. Those Italians are the ones you share the office with in London, Shangai, New York, Berlin, Melbourne, Istanbul. More, those are the ones that probably are still in Italy but they can’t break the silence wall even if they are called by Government to set the development program and the Government, day by day, disattends their advices writing norms and laws going in the opposite direction. Those Italians are the one that everyday are fighting against a system that is more oriented to “destroy the enemy” than  to “make the future”; to create the way to conserve privileges than to help the economy. These people (we) are Italians, you’re favourite fiction characters aren’t.

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Il sogno infranto della rete

Non so voi, ma negli ultimi mesi vedo aprirsi delle crepe enormi nella rete italiana. O meglio, da qualche anno. Precisamente dal 2008. Sino ad allora l’immaginario diffuso e largamente condiviso era la possibilità di utilizzare la rete per organizzarsi e “rivoluzionare” la propria vita sociale, professionale e politica. Si parlava di “nuovo rinascimento” e di “neo illuminismo 2.0”. Si passava dalla visione verticistica a quella orizzontale. Dal “potere concentrato” a quello diffuso. Il singolo diveniva il centro e al suo libero arbitrio la scelta con chi e per cosa costruire relazioni. Ciò che nasceva in rete era una discussione volta a tornare ad immaginare il futuro. Open era la parola d’ordine; destrutturazione era la missione. Se guardiamo ai Business Network, il 2007 e 2008 sono gli anni in cui nascono il maggior numero di gruppi su LinkedIN. Piano piano le cose sono cambiate.  I network spontanei si strutturano in associazioni. La leadership diffusa lascia il campo a faide di comando e controllo. La “rivoluzione” non riesce ad uscire da Facebook, LinkedIN, Twitter. Il “celolunghismo“, incrementato dal dilagare di strumenti come Klout e Kred, spinge all’individualismo e alla ricerca di sempre maggiore visibilità e popolarità. La discussione sul futuro della rete si sposta offline, limitando sempre più la partecipazione- La politica che, capendo l’arrivismo ed individualismo che domina la rete e sapendo che mai si farà reale squadra su taluni temi (es. Agenda Digitale), organizza istituti e reitera il costume della nomina dei membri a suo piacimento, cooptando al proprio interno (solleticando i bisogni di riconoscimento sociale) solo coloro che potrebbero creare qualche reale disturbo. La reazione è la generale incazzatura, la creazione di appelli e contro appelli sulla meritocrazia, raccolta firme e collezione di like, una copertura stampa (se si è bravi) di qualche mese. Poi tutto torna nel baratro del silenzio, pronti per una nuova e-ndignazione. La rete, da partecipativa e democratica, grazie al suo sovraccarico informativo e alla promessa che ciascuno può costruirsi la propria popolarità, è divenuta il più grande e potente strumento di controllo delle masse davanti al quale Televisione, Cinema e Radio diventano solo giocattoli per bambini. Sarà un caso che l’immagine della rete sia la stessa di un vetro infranto? E se la rete, invece di aggregare, stesse spaccando la società?

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La bufala della censura di İnternet (in Italia)

In Italia non censureranno mai internet. Non lo faranno perché, esattamente come gli stadi, è il luogo ideale dove far sfogare frustrazione e tensioni, evitando così le rivoluzioni di piazza. Censurarlo significherebbe spingere le persone a farsi sentire con azioni e non con parole. Laddove Internet rappresenta un potenziale abilitatore di movimenti di massa,uno strumento (e non un fine a se stesso) di organizzazione di movimenti, i governi decidono addirittura di crearsi una rete propria e di “staccarsi” dal web.

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Padova. Informazione e Rete

Questa sera a Padova si parlerà di Informazione e Internet, in occasione del Primo Lunedì di Giugno. Lo faremo con il contributo di Pier Luca Santoro (il Giornalaio), Maria Luisa Vicenzoni e Federico Guerrini. In collegamento telefonico è prevista la partecipazione di Amedeo Ricucci, giornalista RAI autore per La Storia siamo Noi del reportage “Guerra, Bugie e TV” di cui sarà proiettato un estratto a stimolo per il dibattito. L’appuntamento è alle ore 20.00 all’Antonianum di Prato della Valle.  

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Informazione on-line e l’ipertesto che non c’è

Uno dei doveri del giornalista è la verifica delle fonti. Il giornalista è chiamato ad assicurarsi che la fonte della notizia sia credibile e corrisponda a verità. Il giornalismo classico, dalla carta stampata al televiso e radiofonico ha l’oggettiva difficoltà di citare le fonti per la necessità di rendere la notizia il più possibile comprensibile. Internet risolve questo problema. Il protocollo HTTP (hyper text transfer protocol), infatti, nasce con l’obiettivo di collegare testi e informazioni presenti in punti diversi della rete all’interno di un testo. Il giornalismo online, quindi, può superare il limite dei media tradizionali arrichendo i propri contenuti rendendo disponibili le fonti. Sembra, tuttavia, che questa sia una prassi non molto usuale. Quando presenti i collegamenti rimandano a link interni o ad altri approfondimenti, molto meno alle fonti. In pezzi che commentano provvedimenti o normative, ad esempio, quasi mai si inseriscono collegamenti ai testi originali. Eppure tali documenti sono pubblicati sui siti di Camera dei Deputati, Senato e Governo. Utilizzare  l’ipertesto per citare le fonti dovrebbe essere una regola, se non un obbligo. Il riferimento alle fonti e l’utilizzo dell’ipertestualità è più frequente tra i blogger – che non hanno vincoli e codici di comportamento – per costruirsi una reputazione e una credibilità. Meno tra i giornalisti che sono garantiti dal codice deontologico e dalle varie carte dei doveri ? Infine, grazie alla multimedialità e multicanalità di oggi, i vantaggi anche da un punto di vista editoriale sono enormi. La possibilità di creare contenuti arrichiti è quasi sconfinata. Ed è lì che si gioca la differenza tra chi sa cogliere le potenzialità reali della rete e chi, invece, la utilizza come uno dei canali di comunicazione di massa. Ma sarebbe sufficiente, per il momento, ripartire dall’ipertesto.

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